Domanda:
analisi poesia "la pioggia nel pineto" di Gabriele D'Annunzio?!!!GRAZIE 1000..?
anonymous
2008-02-25 09:19:37 UTC
analisi poesia "la pioggia nel pineto" di Gabriele D'Annunzio?!!!GRAZIE 1000..?
Sei risposte:
anonymous
2008-02-25 09:23:36 UTC
Spero che qst ti sia utile!!



Il poeta dice alla donna immaginaria che l’accompagna di tacere, perché lui vuole immergersi nella natura e ascoltarne tutti i suoni.

Successivamente il poeta le dice di ascoltare il suono che la pioggia, caduta da un cielo con poche nuvole, produce sui pini ruvidi, sulle tamerici bruciate dal sole, sui mirti (considerati sacri dalla dea Venere), sui mazzetti di fiori dorati, sui ginepri pieni di bacche profumate; la pioggia non cade solo sulla natura, ma anche sui loro volti silvestri (al poeta sembra di star diventando della stessa natura degli alberi del bosco), sulle loro mani nude, sui loro vestiti leggeri, sui sentimenti che riaffiorano come nuovi e sulle illusioni della giovinezza che hanno illuso sia Ermione (la donna che l’accompagna) che D’Annunzio.

L’autore chiede alla donna se sta udendo la pioggia che cade sulla vegetazione, con un crepitio che si protrae e varia a seconda delle chiome degli alberi più rade o meno rade.Lui chiede di nuovo l’attenzione della donna per ascoltare che al pianto del cielo (la pioggia: qui D’Annunzio personifica la natura) risponde la cicala, che non si impaurisce né con la pioggia portata dai venti del sud, né con il cielo grigio cenere.

Mentre la pioggia cade, ogni albero produce un suono diverso, sembrando strumenti suonati da tante mani. Così, al poeta, sembra di essere talmente immersi nella vegetazione da diventare partecipi alla vita del bosco, quasi come fossero piante. Il volto della donna Ermione è gioioso, bagnato di pioggia come una foglia, e i suoi capelli profumano come le bacche delle ginestre menzionate da poco.

Continuando a chiederle di ascoltare, si ode il canto delle cicale che comincia a svanire, ma a esso si unisce il canto delle rane proveniente dalla parte più lontana e umida del bosco; anche esso svanisce, e si sente solo il rumore dell’acqua che cade sulla terra. Non si sente alcun rumore del mare, ma è chiaro lo scrosciare della pioggia che pulisce tutto. Mentre la cicala non canta, la rana si ode da lontano, e non si riesce a capire dove sia.

D’Annunzio, guardando Ermione, si accorge che la pioggia cade anche sulle sue ciglia, e sembra che lei pianga di piacere; lei sembra verdeggiante ed appare come una ninfa che esce dall’albero.

Il poeta pensa che la loro vita è fresca e profumata, il cuore è come una pesca, gli occhi bagnati dalla pioggia sono come sorgenti d’acqua nel prato, i denti sono come mandorle acerbe.

Loro vanno da cespuglio a cespuglio, un po’ stretti per mano e un po’ sciolti (i rami degli arbusti gli stringono le caviglie e gli impediscono di camminare), senza una meta precisa.

Intanto continua a piovere sui loro volti silvestri, sulle loro mani nude, sui loro vestiti leggeri, sui sentimenti nuovi e sulle illusioni della giovinezza che hanno provato i due protagonisti.









---==oooOOOooo==---





In quale luogo il poeta immagina di trovarsi?

Il poeta immagina di trovarsi in una pineta.



La lirica inizia con un invito al silenzio: “Taci”. Il poeta a chi rivolge questo invito? Perché?

Alla donna immaginaria che l’accompagna, Ermione. Perché vuole ascoltare i suoni della natura e immedesimarsi con essa.



Man mano che la pioggia aumenta d’intensità, quale meravigliosa sinfonia silvestre si diffonde nell’aria?

Il suono che la pioggia produce a seconda di dove cade.



Al suono della pioggia fa eco il canto di due animali. Quali?

La cicala e la rana.



Il poeta e la donna, immersi nella vegetazione, si sentono come trasformare, divenire parte integrante della natura.Come viene descritta la donna? Quali sensazioni prova? Le varie parti del corpo del poeta e della donna in quali aspetti della natura si trasformano?

La donna ha volto silvano ed ebro, le mani nude, veste con abiti leggeri; i suoi capelli profumano e le sue ciglia sono nere e bagnate dalla pioggia. La donna gioisce e par che pianga di piacere. Il cuore è come una pesca intatta, gli occhi sono come sorgenti d’acqua tra l’erba e i denti sono come mandorle acerbe.



Che cos’è la “favola bella” che illude?

La vita con i suoi sogni d’amore e le sue speranze.



Perché il poeta in questa lirica canta la natura?

Per immergersi in essa e diventarne parte viva.



Considera la terza strofa: quali sono le parole che, con il loro suono, riproducono l’aumentare d’intensità della pioggia?

“Si fa sotto il pianto che cresce me un canto si mesce più roco/ Più sordo e più fioco s’allenta, si spegne. Solo una nota ancora trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Or s’ode su tutta la fronda crosciare.”
anonymous
2008-02-25 09:24:25 UTC
Ho trovato questo... nn so se va bene:

Spiegazione



“La pioggia nel pineto” è una tra le più belle poesie di D’Annunzio. E’ rivolta alla donna amata, Ermione. La scena si svolge in un bosco, nei pressi del litorale toscano, sotto la pioggia estiva. Il poeta passeggia con la sua donna, Ermione e la invita a stare in silenzio per sentire la musica delle gocce che cadono sul fogliame degli alberi. Inebriati dalla pioggia e dalla melodia della natura, il poeta e la sua donna si abbandonano al piacere delle sensazioni con un’adesione così totale che a poco a poco subiscono una metamorfosi fiabesca e si trasformano in creature vegetali.

La poesia è ricca di enjambement e similitudini. Le rime sono libere e sono presenti molte onomatopee.





Spiegazione dei versi



Taci (il poeta si rivolge a Ermione). Sulle soglie del bosco non sento parole umane; ma sento parole più nuove, suoni prodotti dalle prime gocce di pioggia sulle foglie. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove sugli arbusti in riva al mare, piove sui pini con la corteccia ruvida, piove sui mirti divini (nell’antichità era sacro a Venere), sulle ginestre spendenti grazie ai fiori ora rinchiusi per la pioggia, sui ginepri folti di bacche profumate, piove sui nostri volti che sembrano diventare elementi della selva, piove sulle nostre mani, sui nostri abiti leggeri, sui freschi pensieri che l’anima nuova schiude, sulle illusioni della vita e dell’amore che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione.



Senti? La pioggia cade sul fogliame con un crepitio che dura e varia nell’aria a seconda delle chiome degli alberi. Ascolta. Risponde alla pioggia il canto delle cicale che il pianto dell’austro (vento del sud) non impaurisce neanche il cielo grigio. E il pino ha un suono, e il mirto un altro suono, e il ginepro un altro ancora, gli alberi sembrano degli strumenti musicali suonati dalla pioggia. E noi siamo immersi nello spirito della selva (il poeta e la sua compagna si sentono penetrati dalla vita vegetali: è incominciata la loro metamorfosi), come gli alberi; e il tuo volto inebriato di felicità è tutto bagnato come una foglia, e i tuoi capelli profumano come le chiare ginestra, o creatura terrestre che hai nome Ermione.



Ascolta, ascolta. Il canto delle cicale a poco a poco viene sovrastato dalla pioggia che cade più fitta; ma un canto vi si mescola più roco che sale, nell’umida ombra lontana. Più sordo più fioco diventa più debole e poi sparisce. Non si sente il suono del mare. Si sente il crosciare della pioggia sugli alberi che purifica il croscio che varia secondo la grandezza della chioma dell’albero. Ascolta. La cicala è muta; ma la figlia del fango, la rana canta nell’ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove sulle tue ciglia Ermione.



Piove sulle tue ciglia nere, tanto che sembra che stai piangendo ma di piacere; sembra che tu esca dalla corteccia. E tutta la vita è in fresca aulente, il cuore è come una pesca non ancora colta, tra le palpebre gli occhi sono come delle sorgenti, i denti nelle gengive sono come mandorle acerbe. E andiamo da una macchia all’altra tra gli arbusti o abbracciati o disciolti (e gli sterpi aggrovigliati ci impediscono il movimento alle caviglie) chi sa dove, chi sa dove! E piove sui nostri volti che sembrano diventare elementi della selva, piove sulle nostre mani, sui nostri abiti leggeri, sui freschi pensieri che l’anima nuova schiude, sulla illusioni della vita e dell’amore che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione.
anonymous
2008-02-25 09:23:53 UTC
Spero possa esserti utile!



PARAFRASI



Taci. Sulle soglie del bosco non ascolto le parole umane che dici, ma ascolto parole più nuove che parlano gocce e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove sulle tamerici coperte di salsedine e inaridite, piove sui pini squamosi e pungenti, piove sui mirti sacri, sulle ginestre splendenti di fiori raccolti, sui ginepri carichi di bacche profumate, piove sui nostri volti silvestri, piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri, sui pensieri puri che l’anima rinnovata fa nascere, sulla favola bella che ieri t’illuse, o Ermione, che oggi m’illude.



Senti? La pioggia cade sulla vegetazione deserta con un crepitio che permane e varia nell’aria secondo il fogliame più rado, meno rado. Ascolta. Il canto delle cicale, che né la pioggia del sud né il cielo grigio spaventa, risponde al rumore lamentoso. E il pino ha un suono, e il mirto un altro suono, e il ginepro un altro ancora, strumenti diversi suonati da un infinito numero di mani. E noi partecipiamo della natura profonda del bosco, vivi di una vita propria degli alberi; e il tuo volto euforico è bagnato di pioggia come una foglia, e i tuoi capelli profumano come le luminose ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione.



Ascolta, ascolta. Il canto unisono delle cicale nell’aria diventa a poco a poco più basso sotto la pioggia che aumenta; ma vi si mescola un canto più roco che si leva da un luogo impreciso, nella lontana oscurità umida. Più basso e più flebile diminuisce, si spegne. Una nota sola ancora vibra, si spegne, ricomincia, vibra, si spegne. Non si sente il rumore del mare. Ora si sente su tutte le foglie scrosciare la pioggia argentata e sonora che pulisce, lo scroscio che varia secondo il fogliame più folto, meno folto. Ascolta. La cicala non canta; ma la rana lontana canta nell’oscurità più profonda, chissà dove, chissà dove! E piove sulle tue ciglia, Ermione.



Piove sulle tue ciglia nere in modo che sembra che tu pianga ma di gioia; non più bianca ma quasi diventata verde, sembra che tu esca da una corteccia. E tutta la vita in noi è profumata di nuovo, il cuore nel petto è come una pesca non ancora colta, gli occhi tra le palpebre sono come vene d’acqua nell’erba, i denti negli alveoli sono come mandorle acerbe. E andiamo di fratta in fratta, a volte uniti a volte separati, chissà dove chissà dove! (e la forza selvaggia degli arbusti ci avvinghia le caviglie, ci impiglia i ginocchi.) E piove sui nostri volti silvestri, piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri, sui pensieri puri che l’anima rinnovata fa nascere, sulla favola bella che ieri m’illuse, che oggi t’illude, o Ermione.



ANALISI E COMMENTO



Composta probabilmente nell’estate del 1902 o in quella del 1903, “La pioggia nel pineto” è una delle più famose composizioni dannunziane. Questa poesia è un esempio di come la parola possa essere usata per le sue componenti foniche e musicali più che per il significato connesso al suo valore referenziale. Il poeta trae spunto da un’occasionale passeggiata nella pineta della Versilia insieme con la donna amata, alla quale dà il nome classico di Ermione, per creare una vera e propria sinfonia di suoni attraverso i quali riesce a riprodurre il vario modularsi della pioggia sulle piante del bosco. A questo, che è l’aspetto più evidente e superficiale del testo, si intrecciano altri temi: quello della metamorfosi e quello della magia della parola poetica.

L’intera composizione poggia su una serie di analogie che coinvolgono sia le due creature che il paesaggio, e che rapportano il ticchettio della pioggia sulla vegetazione ad una grande sinfonia, ove il pianissimo si alterna al fortissimo e al pieno orchestrale rispondono i solisti.

Possiamo distinguere due sequenze:

- sensazioni psico-sonore e panico-faunesche conseguenti alla musicalità dello scrosciare della pioggia (vv.1-32);

- la dissoluzione panica sullo sfondo mono-polifonico della pioggia (vv.33-128).



All’inizio della prima sequenza, si crea una dimensione di immobilità e suggerisce una predisposizione ad un sentire più interiore che esteriore, ben reso dal tono dell’imperativo iniziale che introduce un’atmosfera di silenzio, di stupore, di incanto. Il poeta è subito rapito dai diversi effetti timbrici della pioggia che pare quasi intonare una melodia. Da quel momento in poi ci sarà una totale sintonia sonora con la pioggia, che rappresenterà l’intero tessuto della poesia. Il crescendo dell’orchestra si pone in parallelo con l’accrescersi delle sensazioni e degli stati d’animo, creando una corrispondenza psico-sonora. Al iniziale succede ora un altro imperativo (), il cui valore semantico finalizza quel silenzio alla percezione di suoni ancora lontani che, però, vanno distinguendosi. In un rapporto sinestetico, gli aspetti visivi della natura trascolorano in sensazioni acustiche. L’esito è ben reso dall’estrema musicalità, data anche dall’anafora del termine , posto ad inizio verso per rendere il progressivo infittirsi della pioggia. L’uso di strutture paratattiche e di nessi relativi accelera il ritmo sintattico, creando un effetto di simultaneità di immagini e sensazioni, evidenziate dai legami nome-aggettivo. Tali nessi evocano dati sensoriali inizialmente acustico-visivi, poi olfattivi e infine tattili, per concludersi con un’apertura dell’anima alla contemplazione della dolce illusione dell’amore. Proprio l’amore è sentito, prima dal poeta e poi dall’amata, come un’illusione. Questo motivo, al di là dei versi nei quali viene direttamente espresso, sembra pervadere l’intero componimento dal quale scaturisce un’immagine della vita come qualcosa di lieve, fuggevole e illusorio.

Si delineano sin dall’inizio l’atmosfera pagana e la sensività faunesca.



Nella seconda sequenza, ai due imperativi iniziali si sostituisce una richiesta di complicità sentimentale: l’interrogativo . Questo determina una consonanza uditiva tra le due creature umane e il loro sintonizzarsi sul pieno orchestrale, alternato dall’assolo del canto delle cicale e delle rane. Di contrappunto sono i momenti di silenzio, in cui tace ogni voce animale, ma si sente lo scroscio dell’acqua. L’uomo e la donna si inoltrano nel fitto del bosco e vanno incontro alla pioggia crescente, completando l’immersione panica negli elementi acquatico-vegetali. Le due creature si smaterializzano, perdono la loro identità umana e diventano creature silvane: divengono piante e si reintegrano nel ciclo primigenio uomo-acqua-terra. Le sensazioni auditive cedono il posto a quelle visive: non sentiamo più i suoni della natura, vediamo invece il poeta e la sua donna trasfigurarsi in creature arboree.

La pioggia appare come la nuova sacerdotessa atta ad officiare un rito pagano di purificazione, ove non manca una sensualità decantata, ma animata da una sottile vena estetizzante.

Altro motivo chiave della lirica è la funzione magica ed evocatrice della parola poetica. La musica della pioggia, il canto delle cicale e delle rane resterebbero infatti relegati nella sfera dei suoni naturali se non intervenisse il linguaggio del poeta a tradurli in parola, interpretandoli e fissandoli prima che svaniscano.



“La pioggia nel pineto” è scandita in quattro strofe di trentadue versi liberi ciascuna, con presenze diffuse di ternari, senari, settenari, novenari. La sintassi è semplice: prevalgono le proposizioni principali spesso brevissime, unite quasi sempre per coordinazione. Ogni strofa comprende più periodi che presentano simmetrie e ripetizioni. Le rime sono libere e spesso legate da assonanze all’interno di uno stesso verso. Abbondano gli enjambements, le anafore, le allitterazioni e le parole onomatopeiche. Di rilievo il climax discendente dei versi 75-76. Tutte le strofe si concludono con la parola . ‹‹Gli ultimi dodici versi della prima strofe sono ripetuti, a guisa di ritornello, nell’ultima, eccetto l’inversione chiastica dei due pronomi personali correlativi (che ieri t’illuse, che oggi m’illude – che ieri m’illuse, che oggi t’illude) e l’inserzione di una enfatica con funzioni coordinative.››
Jeel
2008-02-25 09:23:59 UTC
Taci (il poeta si rivolge a Ermione). Sulle soglie del bosco non sento parole umane; ma sento parole più nuove, suoni prodotti dalle prime gocce di pioggia sulle foglie. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove sugli arbusti in riva al mare, piove sui pini con la corteccia ruvida, piove sui mirti divini (nell’antichità era sacro a Venere), sulle ginestre spendenti grazie ai fiori ora rinchiusi per la pioggia, sui ginepri folti di bacche profumate, piove sui nostri volti che sembrano diventare elementi della selva, piove sulle nostre mani, sui nostri abiti leggeri, sui freschi pensieri che l’anima nuova schiude, sulle illusioni della vita e dell’amore che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione.



Senti? La pioggia cade sul fogliame con un crepitio che dura e varia nell’aria a seconda delle chiome degli alberi. Ascolta. Risponde alla pioggia il canto delle cicale che il pianto dell’austro (vento del sud) non impaurisce neanche il cielo grigio. E il pino ha un suono, e il mirto un altro suono, e il ginepro un altro ancora, gli alberi sembrano degli strumenti musicali suonati dalla pioggia. E noi siamo immersi nello spirito della selva (il poeta e la sua compagna si sentono penetrati dalla vita vegetali: è incominciata la loro metamorfosi), come gli alberi; e il tuo volto inebriato di felicità è tutto bagnato come una foglia, e i tuoi capelli profumano come le chiare ginestra, o creatura terrestre che hai nome Ermione...puo andar bene???
anonymous
2008-02-25 09:24:01 UTC
Potevi almeno scrivere qualche verso!
anonymous
2008-02-25 09:23:12 UTC
......la sintesi: ao' sta a piove in sto pineto....ao' nnamo a casa va'.....Totti.


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