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Giuseppe Garibaldi (Nizza, 4 luglio 1807 – Isola di Caprera, 2 giugno 1882) è stato un generale, condottiero e patriota italiano. Considerato una delle figure fondamentali del Risorgimento italiano, ha personalmente condotto e combattuto in molte delle campagne militari che hanno portato alla formazione dell'Italia unita; è noto anche con l'appellativo di eroe dei due mondi, per le sue imprese militari compiute sia in Sud America che in Europa.
Indice [nascondi]
1 Adolescenza
2 Sui mari d'Europa
3 Da marinaio a bandito
4 Esilio in Sud America
5 Prima guerra d'indipendenza
6 Repubblica Romana
7 Fuga da Roma e morte di Anita
8 Rientro in Italia e seconda guerra d'indipendenza
9 Da Quarto al Volturno
10 Lincoln, Garibaldi e la guerra di secessione americana
11 Per Roma libera
12 Terza guerra d'indipendenza
13 In Francia
14 Morte
15 Cronologia
16 Garibaldi e l'unificazione italiana
17 Garibaldi e Cavour
18 Curiosità
19 Influenza culturale
19.1 Musica
19.2 Filmografia
19.3 Filatelia
19.4 Marineria
19.5 Monumenti a Garibaldi
20 I figli di Garibaldi
21 Genealogia di Giuseppe Garibaldi
22 Il nome Garibaldi
23 Voci correlate
24 Note
25 Bibliografia
25.1 Scritti di Garibaldi
25.2 Scritti su Garibaldi
26 Altri progetti
27 Collegamenti esterni
Adolescenza [modifica]
Garibaldi nacque a Nizza quando questa città era, temporaneamente, parte del Primo Impero. Tornata al Regno di Sardegna dopo il Congresso di Vienna (1815) restò sotto il governo dei Savoia fino al 1860. Era il secondogenito di Domenico, capitano di cabotaggio immigrato da Chiavari, e Rosa Raimondi, originaria di Loano. Angelo era il nome di suo fratello maggiore, mentre dopo Giuseppe nacquero altri due maschi, Michele e Felice, e due bambine, morte in tenera età.
I genitori avrebbero voluto avviare Giuseppe alla carriera di avvocato, di medico o di prete. Ma il figlio amava poco gli studi e prediligeva gli esercizi fisici e la vita di mare essendo, come lui stesso ebbe a dire, «più amico del divertimento che dello studio». Vedendosi ostacolato dal padre nella sua vocazione marinara, tentò di fuggire per mare verso Genova con alcuni compagni, ma fu fermato e ricondotto a casa. Tuttavia si appassionò all'insegnamento dei suoi primi precettori, soprattutto del signor Arena, un reduce delle campagne napoleoniche, che gli impartì lezioni d'italiano e di storia antica. Rimarrà soprattutto affascinato dall'antica Roma.
Convinto il padre a lasciargli seguire la carriera marittima a Genova, venne iscritto nel registro dei mozzi nel 1821. A sedici anni, nel 1824, si imbarcò sulla Costanza comandata da Angelo Pesante di Sanremo, che egli avrebbe in seguito descritto come «il migliore capitano di mare». Nel suo primo viaggio si spinse a Odessa nel mar Nero e fino a Taganrog nel mar d'Azov (entrambe ex colonie genovesi). L'anno successivo, con il padre, si diresse a Roma con un carico di vino, per l'approvvigionamento dei pellegrini venuti per il Giubileo indetto da papa Leone XII.
Sui mari d'Europa [modifica]
Giuseppe Garibaldi da giovaneNel 1827 salpò da Nizza con la Cortese per il mar Nero, ma il bastimento venne assalito dai corsari turchi che depredarono la nave, rubando persino i vestiti dei marinai. Il viaggio comunque continuò e nell'agosto del 1828, egli sbarcò dalla Cortese a Costantinopoli, dove sarebbe rimasto fino al 1832 a causa della guerra turco-russa, e si integrò nella comunità italiana. Secondo le ricerche compiute dalla sua bisnipote diretta Annita Garibaldi[1], probabilmente frequentò la casa di Calosso - comandante della cavalleria del Sultano col nome di Rustem Bey - e l'ambiente dei genovesi che storicamente erano insediati nel quartiere di Galata (Pera), e si guadagnò da vivere insegnando italiano, francese e matematica.
Nel febbraio del 1832 gli fu rilasciata la patente di capitano di seconda classe e subito dopo si reimbarcò con la Clorinda per il mar Nero. Ancora una volta la nave fu presa di mira dai corsari, ma questa volta l'equipaggio accolse gli aggressori a fucilate. Garibaldi fu ferito ad una mano, e avrebbe ricordato questa scaramuccia come il suo primo combattimento [citazione necessaria].
Dopo 13 mesi di navigazione ritornò a Nizza, ma subito, nel marzo 1833, ripartì per Costantinopoli. All'equipaggio si aggiunsero tredici passeggeri francesi seguaci di Henri de Saint-Simon che andavano in esilio nella capitale Ottomana. Il loro capo era Emile Barrault, un professore di retorica che espose le idee sansimoniane all'equipaggio.
Garibaldi, allora ventiseienne, fu molto influenzato dalle sue parole ma Anita Garibaldi ipotizza che non appare improbabile che quelle idee non gli giungessero del tutto nuove, fin da quando aveva soggiornato nell'Impero ottomano, luogo prescelto da tanti profughi politici dell'Europa e percorso esso stesso da fremiti di autonomia e di libertà[2].
Tutto ciò contribuì a convincerlo che il mondo era percorso da un grande fremito di libertà. Lo colpì in particolare Emile Barrault quando affermò :
« Un uomo, che, facendosi cosmopolita, adotta l'umanità come patria e va ad offrire la spada ed il sangue a ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato: è un eroe »
(Emile Barrault, frase riportata da Garibaldi a Alexandre Dumas in "Memorie di Giuseppe Garibaldi")
Poi il bastimento sbarcò i francesi a Costantinopoli e procedette per Taganrog. Qui in una locanda, mentre si discuteva, un uomo detto il Credente[3] espose le idee mazziniane.
A Giuseppe le tesi di Giuseppe Mazzini sembravano la diretta conseguenza delle idee di Barrault, nella lotta per l'Unità d'Italia, momento iniziale della redenzione di tutti i popoli oppressi. Quel viaggio cambiò la vita di Garibaldi; nelle sue Memorie riguardo a questo evento scrisse: «Certo non provò Colombo tanta soddisfazione nella scoperta dell'America, come ne provai io al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria».
Da marinaio a bandito [modifica]
La storia vuole che Giuseppe Garibaldi abbia incontrato Giuseppe Mazzini nel 1833 a Londra, dove quest'ultimo era in esilio protetto dalla Massoneria Inglese [citazione necessaria], e che si sia iscritto subito alla Giovine Italia, un'associazione politica segreta il cui scopo era di trasformare l'Italia in una repubblica democratica unitaria. Sospinto dall'impegno politico, entrò nella Marina Sabauda per fare propaganda rivoluzionaria. Come marinaio piemontese Garibaldi assunse il nome di battaglia Cleombroto, un eroe tebano, fratello gemello di Pelopida che combatté con Epaminonda contro Sparta.
Insieme all'amico Edoardo Mutru cercò a bordo e a terra di fare proseliti alla causa, esponendosi con leggerezza. I due furono segnalati alla polizia e sorvegliati, e per questo vennero trasferiti sulla fregata Conte de Geneys in partenza per il Brasile.
Nel frattempo si era stabilito che l'11 febbraio 1834 ci sarebbe stata un'insurrezione popolare in Piemonte. Garibaldi scese a terra per mettersi in contatto con i mazziniani; ma il fallimento della rivolta in Savoia e l'allerta di esercito e polizia fecero fallire tutto. Il nizzardo non ritornò a bordo della Conte de Geneys, divenendo in pratica un disertore, e questa latitanza venne considerata come un'ammissione di colpa.
Indicato come uno dei capi della cospirazione, fu condannato alla pena di morte ignominiosa in contumacia in quanto nemico della Patria e dello Stato.
Garibaldi divenne così un "bandito": si rifugiò prima a Nizza e poi varcò il confine giungendo a Marsiglia, ospite dell'amico Giuseppe Pares. Per non destare sospetti assunse il nome fittizio di Joseph Pane e a luglio si imbarcò alla volta del mar Nero, mentre nel marzo del 1835 fu in Tunisia. Il nizzardo rimase in contatto con l'associazione mazziniana tramite Luigi Cannessa e nel giugno 1835 venne iniziato alla Giovine Europa, prendendo come nome di battaglia Borrel in ricordo di Joseph Borrel, martire della causa rivoluzionaria.
Garibaldi decise quindi di partire alla volta del Sud America con l'intenzione di propagandare gli ideali mazziniani. L'8 settembre 1835 partì da Marsiglia sul brigantino Nautonnier.
Esilio in Sud America [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Guerra dei Farrapos.
Tra il dicembre 1835 ed il 1848 Garibaldi trascorse un lungo esilio in Sud America. Prima a Rio de Janeiro, accolto dalla piccola comunità di italiani aderenti alla Giovine Italia.
Poi, il 4 maggio 1837, ottenne una 'patente di corsa' dal governo del Rio Grande do Sul, ribelle all'autorità dell'Impero del Brasile, e prese a sfidare un impero con il suo peschereccio, battezzato Mazzini.
Dopo molti episodi, inclusa una fuga in Uruguay, e poi a Gualeguay, in Argentina, prese parte alle sue prime battaglie terrestri. L'11 aprile 1838 respinse un intero battaglione dell'esercito imperiale brasiliano (battaglia del Galpon de Xarqueada). Partecipò, quindi alla campagna che portò alla presa di Laguna, capitale della attigua provincia di Santa Caterina, il 25 luglio 1839.
Il 15 novembre l'esercito imperiale riconquistò la città, e i repubblicani ripararono sugli altipiani, ove si svolsero battaglie con fortune alterne. In particolare Garibaldi fu impegnato per la prima volta in un combattimento esclusivamente terrestre, nei pressi di Forquillas: attaccò con i suoi marinai il nemico e lo costrinse alla ritirata.
Sconfitta la ribellione separatista, nel 1842 Garibaldi riparò in Uruguay, dove comandò la flotta uruguaiana in una battaglia navale contro gli argentini e partecipò quindi alla difesa di Montevideo con i suoi volontari, tutti vestiti con camicie rosse. Qui sposò nel 1842 Ana Maria de Jesus Ribeiro. Ebbe quattro figli, ma una morì nel corso di una epidemia di vaiolo.
Rientrò in Italia poco dopo lo scoppio della prima guerra di indipendenza.
Prima guerra d'indipendenza [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Prima guerra di indipendenza.
Tornato in Europa nel 1848 per partecipare alla prima guerra di indipendenza contro gli austriaci, dopo essere sbarcato a Nizza con Anita, i tre figli e i compagni, Garibaldi si recò il 5 luglio a Roverbella, nei pressi di Mantova, per offrirsi volontario al re Carlo Alberto che, avvertito dai consiglieri della sua partecipazione all'insurrezione di Genova, lo respinse [citazione necessaria].
Partecipò comunque alla guerra come volontario al servizio del governo provvisorio di Milano. Con la Legione che aveva organizzato ottenne due piccoli successi tattici, sugli Austriaci del d'Aspre, a Luino e Morazzone.
Repubblica Romana [modifica]
1849, dopo la caduta della Repubblica Romana Giuseppe Garibaldi e Anita Garibaldi in fuga, trovano rifugio a San Marino Per approfondire, vedi le voci Questione romana e Assedio di Roma (1849).
Questa sezione è solo un abbozzo. Se puoi, contribuisci ad ampliarla.
Dopo la sconfitta piemontese di Novara (22-23 marzo 1849), Garibaldi partecipò ai combattimenti in difesa della Repubblica Romana, minacciata dalle truppe francesi e napoletane che difendevano gli interessi del papa Pio IX.
Fuga da Roma e morte di Anita [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Marcia di Garibaldi da Roma a Comacchio.
Con la caduta di Roma, Giuseppe Garibaldi lasciò la città con l'intenzione di raggiungere Venezia dove la Repubblica di San Marco, ancora resisteva. Inseguito, ancora una volta, dalle truppe del tenente-feldmaresciallo d'Aspre, che comandava il corpo di occupazione austriaco in Toscana, perse anche la moglie Anita che, in avanzato stato di gravidanza e spossata, morì per mancanza di cure nelle paludi di Comacchio.
Con una fuga avventurosa riuscì a sfuggire alla cattura, giungendo sino in Liguria, nel Regno di Sardegna. Qui venne invitato a non fermarsi ed imbarcato per la Tunisia, poi per Tangeri. Passati lì alcuni mesi, si trasferì a New York (1850) dove lavorò nella fabbrica di candele di Antonio Meucci. Dopodiché si portò anche in Perù per trovare un ingaggio come capitano di mare.
Rientro in Italia e seconda guerra d'indipendenza [modifica]
Giuseppe Garibaldi Per approfondire, vedi le voci Cacciatori delle Alpi e Seconda guerra di indipendenza.
Questa sezione è solo un abbozzo. Se puoi, contribuisci ad ampliarla.
Garibaldi tornò in Italia nel 1854. Comprò metà dell'isola di Caprera (isola dell'arcipelago sardo di La Maddalena) con un'eredità di 35 mila lire. Partendo dalla casa di un pastore costruì, insieme a 30 amici una fattoria. Si mise a fare il contadino il fabbro e l'allevatore: possedeva un uliveto con circa 100 alberi d'ulivo, si occupava di un vigneto con cui produceva anche un buon vino e allevava 150 bovini, 400 polli, 200 capre, 50 maiali e più di 60 asini[4].
Cinque anni dopo partecipò alla seconda guerra di indipendenza guidando, in una brillante campagna, i Cacciatori delle Alpi contro gli austriaci nella Lombardia settentrionale.
Alla fine del 1859 era in Romagna per guidarvi un abortito tentativo di invasione delle Marche e dell'Umbria, per unirle alla Lega dell'Italia Centrale. L'iniziativa era prematura ed improvvida (assente il consenso di Napoleone III) e venne bloccata dal generale Manfredo Fanti.
Da Quarto al Volturno [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Spedizione dei Mille.
Nel 1860 Garibaldi organizzò una spedizione per conquistare il Regno delle Due Sicilie (la Spedizione dei Mille). Raccolto un corpo di spedizione di mille uomini, le Camicie Rosse, Garibaldi raggiunse la Sicilia, sbarcando nel porto di Marsala, e si proclamò dittatore della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II, chiamandolo 're d'Italia'[5].
Il 13 maggio, rinforzato da alcune centinaia di volontari, i famosi picciotti raccolti nella marcia da Marsala, batté i borbonici a Calatafimi. Dopo una avventurosa marcia tutto attorno Palermo, il 27 maggio diede l'assalto alla città, da Porta Termini: assalì le carceri lasciate indifese e liberò i detenuti, dei quali molti si unirono a lui e con le famiglie delle borgate povere della città dettero vita ad una insurrezione popolare, tanto che i borbonici reagirono bombardando i quartieri ribelli. La guarnigione del Regno delle Due Sicilie accettò un armistizio che consentì loro di imbarcarsi e fare ritorno sul continente.
Vinta la resistenza della piazzaforte di Milazzo, Garibaldi, e soprattutto il suo luogotenente Nino Bixio, si resero protagonisti di una strage a Bronte [6]. Il 20 luglio, venne pattuita una lunga tregua con la guarnigione di Messina, che accettava di non infastidire i volontari, a condizione di mantenere il controllo della cittadella.
Il 19 agosto la truppa sbarcò in Calabria a Melito. Aggirò e sconfisse i borbonici a Reggio Calabria il 21 agosto. Cominciò una rapida marcia verso nord, che si concluse, il 7 settembre, con l'ingresso in Napoli. La capitale era stata abbandonata dal re Francesco II, che aveva portato l'esercito a nord del fiume Volturno. La battaglia del Volturno fu la più brillante tra quelle combattute da Garibaldi in questa campagna: l'1-2 ottobre le forze garibaldine respinsero brillantemente l'attacco dell'esercito borbonico, riorganizzato a nord di Napoli da Francesco II, dopo gli sbandamenti successivi a Milazzo.
Anche se Francesco II aveva perso le speranze di recuperare Napoli, Garibaldi non disponeva delle forze necessarie a condurre l'assedio delle fortezze in cui l'esercito sconfitto si era ritirato (Capua e, soprattutto, Gaeta). Fu quindi risolutivo l'arrivo dell'esercito del Regno di Sardegna, guidato da Manfredo Fanti e da Enrico Cialdini.
Garibaldi incontrò Vittorio Emanuele II il 26 ottobre 1860, nei pressi di Teano (in realtà località Taverna della Catena, nell'attiguo comune di Vairano Patenora) e gli consegnò la sovranità sul Regno delle Due Sicilie. Garibaldi accompagnò poi il re a Napoli il 7 novembre e, il giorno seguente, si ritirò nell'isola di Caprera, rifiutando di accettare qualsiasi ricompensa per i suoi servigi. Tale atteggiamento basta da solo a confermare come egli non avesse mai immaginato di formare una repubblica garibaldina in Sicilia o a Napoli, bensì restare fedele al motto che aveva fatto proprio all'inizio del 1859: 'Italia e Vittorio Emanuele'.
Lincoln, Garibaldi e la guerra di secessione americana [modifica]
Nella primavera del 1861 il colonnello Candido Augusto Vecchi, del seguito di Garibaldi, scrisse al giornalista americano Theodore Tuckermann esponendo la simpatia di Garibaldi per l'Unione. L'ambasciatore USA a Torino, P.H. Marsh, tastò il terreno per una partecipazione dell'eroe alla guerra di secessione americana in qualità di comandante di divisione.
Garibaldi non volle impegnarsi, ufficialmente poiché voleva un impegno deciso per l'emancipazione degli schiavi, o addirittura perché disponibile solo per il comando supremo. Ma, in effetti, perché assai speranzoso di una imminente iniziativa di Vittorio Emanuele su Roma o il Veneto. Con queste premesse, la trattativa si arenò. Nell'autunno del 1862 Canisius, console USA a Vienna, riprese i contatti; tuttavia Garibaldi, ferito e reduce dall'Aspromonte, si trovava detenuto a Varignano: in caso di accettazione si sarebbe prospettato un delicato caso diplomatico .
Seguirono passi da parte di Seward, segretario di stato di Lincoln, per far decadere senza esito la clamorosa proposta[7].
Per Roma libera [modifica]
Per approfondire, vedi le voci Giornata dell'Aspromonte e Battaglia di Mentana.
Monumento di Roma, piazzale del Gianicolo, dettaglioPer l'intera esistenza Garibaldi colse ogni occasione per liberare Roma dal potere temporale, cacciandone, se possibile, il papa. Egli era infatti un feroce anticlericale:
« Se sorgesse una società del demonio, che combattesse despoti e preti, mi arruolerei nelle sue file »
(Giuseppe Garibaldi, Memorie, BUR)
L'odio verso il papato e il clero e, in particolare, verso Pio IX è testimoniato dal nome che Garibaldi diede al proprio asino, "Pionono", e dal fatto che egli si riferisse al pontefice usando la locuzione "un metro cubo di letame", oppure con la frase
« la più nociva fra le creature, perché egli, più nessun altro è un ostacolo al progresso umano, alla fratellanza fra gli uomini e dei popoli »
(Giuseppe Garibaldi, Memorie, BUR)
Al primo tentativo della Repubblica Romana del 1849 era legata la morte della moglie Anita. La spedizione dei Mille avrebbe avuto come obiettivo, nelle sue intenzioni, non Napoli ma Roma, ma vi fu impedito dalla resistenza dell'esercito borbonico durante l'assedio di Gaeta e dalle considerazioni politiche del governo sardo.
Garibaldi aveva, in ogni caso, ottenuto un incredibile successo, e su quell'onda, nel 1862, organizzò una nuova spedizione: imbarcatosi a Caprera, raggiunse Palermo ove venne accolto dal tripudio popolare. Attraversò indisturbato la Sicilia raccogliendo volontari e passò lo Stretto da Giardini Naxos dove aveva trascorso la notte presso la famiglia Carrozza.
Napoleone III, l'unico alleato del neonato Regno d'Italia, aveva posto Roma sotto la propria protezione ed il tentativo era, quindi, destinato a fallire. Esso mise, comunque, in grave imbarazzo il governo italiano, che stabilì di fermare Garibaldi in Calabria, schierando contro di lui l'esercito regolare.
Garibaldi, probabilmente, contava sul proprio prestigio per avanzare indisturbato, certamente cercò di evitare lo scontro, passando per una via discosta nel cuore della montagna dell'Aspromonte [citazione necessaria]. Venne comunque intercettato, i bersaglieri aprirono il fuoco e parimenti risposero alcune camicie rosse. Garibaldi si interpose, gridando ai suoi di non sparare, venne ferito all' anca e al piede sinistro[8]. Cadde e lo scontro a fuoco cessò. La cosiddetta giornata dell'Aspromonte frutto' al generale l' arresto. Il 2 settembre Garibaldi venne trasportato a La Spezia e rinchiuso nel carcere del Varignano. Il 20 novembre Garibaldi venne trasportato a Pisa dove fu visitato dal professor Paolo Tassinari e il 23 il professor Ferdinando Zannetti lo operò per estrarre la palla di fucile.
Che il tentativo del 1862 fosse velleitario, lo provarono i successivi eventi del 1867. Garibaldi organizzò una terza spedizione su Roma, partita questa volta da Terni, ai confini con lo Stato Pontificio: prese la piazzaforte pontificia di Monterotondo, ma non riuscì a suscitare la rivoluzione in Roma e venne sconfitto dalle truppe del papa e dai rinforzi dotati di nuovi fucili automatici inviati da Napoleone III alla battaglia di Mentana.
Terza guerra d'indipendenza [modifica]
Per approfondire, vedi le voci Terza guerra di indipendenza , Invasione del Trentino (Garibaldi - 1866), 2° Reggimento Volontari Italiani e Corpo Volontari Italiani.
Il telegramma di GaribaldiAll'inizio della Terza guerra di indipendenza italiana venne riorganizzato il corpo volontario denominato Corpo Volontari Italiani, ancora una volta al comando del Garibaldi. Anche la missione era simile a quella condotta fra i laghi lombardi nel 1848 e nel 1859: agire in una zona di operazioni secondaria, le prealpi tra Brescia ed il Trentino, ad ovest del Lago di Garda, con l'importante obiettivo strategico di tagliare la via fra il Tirolo e la fortezza austriaca di Verona. Ciò avrebbe lasciato agli Austriaci la sola via del Tarvisio per approvvigionare le proprie forze e fortezze fra Mantova ed Udine. L'azione strategica principale era, invece, affidata ai due grandi eserciti di pianura, affidati a La Marmora ed a Cialdini.
Garibaldi operò inizialmente a copertura di Brescia, per poi passare decisamente all'offensiva a Ponte Caffaro il 25 giugno, il 3 luglio a Monte Suello costrinse al ripiegamento gli austriaci, ma riportò una ferita alla coscia per un maldestro colpo partito ad un suo volontario. Si aprì, con la vittoria nella battaglia di Bezzecca e Cimego del 21 luglio, la strada verso Riva del Garda e quindi l'imminente occupazione della città di Trento. Salvo essere fermato dalla firma dell'armistizio di Cormons. In quest'occasione, ricevuta la notizia dell'armistizio e l'ordine di abbandonare il territorio occupato, rispose telegraficamente "Obbedisco", parola che successivamente divenne motto del Risorgimento italiano e simbolo della disciplina e dedizione di Garibaldi.
In Francia [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Digione.
Durante la guerra franco-prussiana del 1870-1871, Garibaldi guidò un esercito di volontari a sostegno dell'esercito della nuova Francia repubblicana (battaglia di Digione). A seguire la resa francese, nel 1871 Garibaldi fu eletto deputato alla nuova Assemblea Nazionale francese nelle liste dei repubblicani radicali come deputato della Côte-d'Or, Paris, Algeri e, naturalmente, Nizza: questa quadruplice elezione fu, tuttavia, invalidata dall' Assemblea.
Ciò avvenne ufficialmente a causa delle sue posizioni contrarie alla annessione di Nizza alla Francia, più realisticamente per paura della sua popolarità di eroe "socialista": la stessa assemblea, d'altra parte, si sarebbe presto occupata della repressione della Comune di Parigi. L'atteggiamento della Assemblea verso Garibaldi, spinse alle dimissioni un deputato del calibro di Victor Hugo.
Morte [modifica]
Nel 1880 sposò la piemontese Francesca Armosino, donna di umili origini e sua compagna da 14 anni e dalla quale ebbe tre figli; di cui una, Rosita, morta da piccola. La sua ultima campagna fu politica, e riguardò l'allargamento del diritto di voto, nella quale impegnò l'immenso prestigio e la fama mondiale conquistate con le sue incredibili vittorie.
Si era auto-esiliato nell'Italia che egli aveva costruito perché il regno d'Italia lo aveva preferito in disparte. Morì a Caprera il 2 giugno 1882, con lo sguardo rivolto intenzionalmente verso la Corsica. Nel testamento, una copia del quale è esposta nella casa-museo sull'isola di Caprera, Garibaldi chiedeva espressamente la cremazione delle proprie spoglie. Desiderio disatteso dalla famiglia, pare pressata da Francesco Crispi, che preferì, addirittura, farlo imbalsamare. Attualmente la salma giace a Caprera in un sepolcro chiuso da una massiccia pietra grezza bianca. Sembra che negli anni '30 fosse stata effettuata una ricognizione della salma, che sarebbe stata trovata in perfetto stato di conservazione [citazione necessaria].
L'ateo Garibaldi, nel testamento, inserì anche dei passaggi per sventare eventuali tentativi di (presunta) conversione alla religione cattolica negli ultimi attimi della vita:
« Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada »
Cronologia [modifica]
Garibaldi in Francia era soprannominato "Il leone della libertà"
Targa dedicata a Garibaldi in Via Nomentana, angolo Via di Sant'Agnese, Roma:
S.P.Q.R
GIVSEPPE GARIBALDI
DIMORÒ IN QVESTA VILLA
NELL'INVERNO MDCCCLXXV1807 Nasce a Nizza.
1821 È iscritto nei registri dei marinai.
1824 Primo viaggio in mare verso il Mediterraneo Orientale.
1828 Sbarca a Costantinopoli, dove vivrà fino al 1831.
1833 A Taganrog entra in contatto con i mazziniani.
1834 Partecipa ai moti di Genova.
1835 Parte esule da Marsiglia verso il Sud America.
1839 Combatte con il Rio Grande do Sul contro il Brasile centralista.
1839 Incontra Anita, che sposerà nel 1842.
1841 Combatte con l'Uruguay contro l'Argentina rosista.
1849 Combatte per la difesa della Repubblica Romana.
1852 Si reca da Lima a Canton per acquistare guano.
1859 Partecipa alla Seconda guerra d'Indipendenza come generale dell'esercito piemontese, al comando dei Cacciatori delle Alpi.
1860 Impresa dei Mille.
1862 Nell'intento di liberare Roma, parte dalla Sicilia con 2.000 volontari, ma è fermato sull'Aspromonte.
1864 Si reca a Londra, dove è accolto trionfalmente ed incontra Henry John Temple (Terzo Visconte Palmerston) e Mazzini.
1866 Partecipa alla Terza guerra d'Indipendenza. Comanda un corpo di volontari che combatte in Trentino. Sconfigge gli austriaci a Bezzecca.
1867
A settembre partecipa a Ginevra al Congresso per la pace.
A ottobre si mette a capo dei volontari che hanno invaso il Lazio, ma viene fermato il 3 novembre a Mentana.
1870-71 Partecipa alla guerra franco-prussiana a fianco dei francesi.
1874 viene eletto deputato del Regno.
1879 fonda a Roma la Lega della Democrazia.
1882 Muore a Caprera il 2 giugno.
Garibaldi e l'unificazione italiana [modifica]
La figura di Garibaldi è assolutamente centrale nel quadro del Risorgimento Italiano, ed è stato oggetto di infinite analisi storiografiche, politiche e critiche. La popolarità di Garibaldi, la sua capacità di sollevare le folle e le sue vittorie militari diedero un contributo determinante alla riunificazione dello stato italiano. Solo a titolo di esempio si possono citare le trionfali elezioni (nel 1860, poi nel 1861) al Parlamento subalpino e poi italiano. Ovvero il trionfo che gli venne tributato a Londra nel 1864.
Numerose furono, anche, le sconfitte. Fra i quali particolarmente brucianti furono quelli dell'Aspromonte e Mentana in quanto lo opposero ad una parte rilevante dell'opinione pubblica italiana, che, in tutti gli altri episodi della sua vita, lo aveva grandemente amato.
« (Catania) A Giuseppe Garibaldi che la notte del 18 agosto 1862 pronunziava da qesta casa le storiche parole « Roma o Morte » il popolo catanese dedicava questa lapide il 2 giugno MDCCCLXXXIII primo anniversario della morte dell'Eroe, a gloriosa memoria del fatto, ad abborrimento perpetuo di usurpatori, di sacerdoti, di reggitori codardi. Epigrafe di Mario Rapisardi'' »
Garibaldi e Cavour intenti a costruire lo stivale (l'Italia) in una vignetta satirica dell 1861
Garibaldi e Cavour [modifica]
Garibaldi non ebbe mai rapporti sereni con Cavour. Da un lato, semplicemente non aveva fiducia nel pragmatismo e nella realpolitik di Cavour, ma provava anche risentimento personale per aver ceduto la sua città natale di Nizza alla Francia, nel 1860. D'altro canto si sentiva attratto dal monarca piemontese, che egli credeva scelto dalla Provvidenza per liberare l'Italia [citazione necessaria].
Certo, scrivendo all'ambasciatore sardo in Francia, Cavour prometteva all'imperatore che avrebbe fermato Garibaldi. Ma, in realtà, non ostacolò seriamente la partenza da Quarto della spedizione dei Mille. La finanziò invece, e permise a diversi ufficiali dell'Esercito sabaudo di raggiungere Garibaldi in Sicilia. Infine, inviò le truppe che permisero la definitiva sconfitta di Francesco II.
Curiosità [modifica]
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Targa commemorativa del viaggio in InghilterraGiuseppe Garibaldi è il personaggio più citato nelle piazze e vie italiane, il suo nome è presente in più di 5500 comuni su 8100, in media 6 comuni su 10. Come denominazione è secondo solo a Roma. Garibaldi è primo in Puglia e Basilicata mentre è secondo in Friuli, Toscana, Umbria, Lazio e Abruzzo.
Sono 1200 le lapidi in Italia che testimoniano che in quel luogo Giuseppe Garibaldi passò, dormì o parlò. Il luogo dove se ne contano di più - otto - è Marsala.
La carriera di Garibaldi nella massoneria culminò con la suprema carica di Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, col 33° grado del Rito Scozzese, ricevuto a Torino nel 1862, e con la suprema carica di Gran Hyerophante del Rito di Memphis e Misraim nel 1881. Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi scozzesi dal 4° al 33° e a condurre il rito fu un altro massone - Francesco Crispi - accompagnato da altri cinque.[citazione necessaria]
A Garibaldi è stata conferita la cittadinanza onoraria di San Marino il 24 aprile del 1861. Precedentemente, il 30 luglio del 1849, Giuseppe Garibaldi, braccato dalle truppe austriache, trovò scampo per sé e i suoi armati nella Repubblica del Titano.
biscotti GaribaldiDopo una visita in Inghilterra molto famosa, un produttore commercializzò i biscotti Garibaldi, che sono prodotti tuttora.
Il pesce Garibaldi prende il nome dell'Eroe in riferimento al colore delle camicie dei garibaldini. Questo pesce vive nell'America del nord ed ha un caratteristico colore arancione.
In italiano, la parola "garibaldino" è un aggettivo che, nato per caratterizzare i soldati che combattevano alle dipendenze del generale, ha finito per assumere sia il significato di audace ed eroico che di impresa preparata ed eseguita senza un grosso lavoro preparatorio e senza grandi infrastrutture a supporto.
A Città del Messico esiste una piazza Garibaldi, famosa per la musica mariachi che vi si suona.
A ferire Garibaldi nella Giornata dell'Aspromonte fu un bersagliere, il trisavolo dello storico Arrigo Petacco.[citazione necessaria]
L'appellativo di "duce", era stato dato dai garibaldini al loro comandante, Garibaldi. La parola deriva da "dux" condottiero o guida, della storia romana (dal verbo ducere, condurre).
Tra la prima e la seconda moglie ebbe una relazione da cui ebbe un figlio.
Il suo secondo matrimonio durò un solo giorno perché scoprì che sua moglie aspettava un figlio da un altro uomo e chiese l'annullamento per matrimonio non consumato, che ottenne solo dopo 20 anni. In questi anni conobbe la sua terza moglie, Francesca con cui aveva parecchi anni di differenza. Era la badante dei 16 figli di sua figlia Anita. Con Francesca ebbe tre figli di cui uno morì a 18 mesi.
Quasi tutti i figli Garibaldi, tranne Anita, morirono giovani.
Per la nascita di una delle sue figlie piantò un albero nel giardino della casa di Caprera. Quest'albero è ancora lì e per via delle dimensioni sono stati dovuti mettere dei supporti.
Affezionatissimo ad un suo cavallo, Marsala, fece una lapide per la sua morte.
La fabbrica di candele dove lui lavorò con Meucci è ancora esistente. Attualmente è un museo.
Il giorno della sua morte suo figlio bloccò l'orologio all'ora esatta della sua morte, le 6 e 21 minuti, e il calendario.
Influenza culturale [modifica]
Musica [modifica]
Tra le tante opere dedicate a Giuseppe Garibaldi, si riportano qui le seguenti:
Luigi Mercantini, Inno di Garibaldi (Canzone italiana), del 1858, composto su invito di Garibaldi stesso.
Luigi Canepa, Marcia Funebre in onore del prode Giuseppe Garibaldi, eseguita dalla Banda Civica di Sassari alle esequie dell'eroe
Ulisse Barbieri Inno di Garibaldi del 1887
Bruno Lauzi Garibaldi
Statuto È tornato Garibaldi del 1993
Massimo Bubola Camicie rosse
Stormy Six Garibaldi
Vincent Fernandez Soñando en Garibaldi
Sergio Caputo Il Garibaldi Innamorato
Mariachi Mexicano Mosaico Garibaldi
Garibaldi fu ferito... Canzoncina storico-popolare sulla melodia di "Flik Flok" (inno dei Bersaglieri) e reinterpretata recentemente da Francesco Salvi. Curiosamente - e probabilmente proprio a causa di questa filastrocca - le marce veloci tipiche dei Bersaglieri vengono spesso ed erroneamente associate con Garibaldi. Persino all'estero, quando una banda durante le prove suona con ritmo troppo sostenuto, succede che il maestro corregga pronunciando scherzosamente il nome di Garibaldi.
Filmografia [modifica]
Garibaldi (1907) di Mario Caserini
Il piccolo garibaldino (1909)
Anita Garibaldi (1910) di Mario Caserini
Garibaldi a Marsala (1912)
Garibaldi, l'eroe dei due mondi (1926)
Garibaldi e i suoi tempi (1926) di Silvio Laurenti Rosa
Anita o il romanzo d'amore dell'eroe dei due mondi oppure Garibaldi o l'eroe dei due mondi (1927) di Aldo De Benedetti
1860 - I Mille di Garibaldi (1934) di Alessandro Blasetti
Un Garibaldino al convento (1942) di Vittorio De Sica
Camicie Rosse o Anita Garibaldi (1952) di Goffredo Alessandrini e Francesco Rosi
Viva l'Italia! (1961) di Roberto Rossellini
Il giovane Garibaldi (1974) sceneggiato a colori di Franco Rossi
Garibaldi (1986) di Josè Ambriz
Garibaldi il Generale (1987) film a episodi di Luigi Magni
Garibaldi in America (2008) di Fernando Marés de Souza
Filatelia [modifica]
Le emissioni filateliche realizzate in Italia, per onorare l'eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi sono numerose. L'effigie di Garibaldi compare sui primi francobolli commemorativi italiani emessi nel 1910 per celebrare la liberazione della Sicilia e il Plebiscito dell'Italia Meridionale. Questi sono i primi francobolli italiani commemorativi a non recare solo l'effigie del re o lo stemma dei Savoia. Inoltre erano venduti soltanto in Meridione ed in Sicilia con un sovrapprezzo, non indicato sul francobollo, di 5 centesimi ed erano utilizzabili soltanto per la corrispondenza diretta all'ìnterno del regno. Nel 1932 fu dedicata la lunga serie di 17 francobolli per celebrare il cinquantenario della morte. Altri 2 fracobolli vennero emessi nel 1957 per il 150° anniversario della nascita. Il volto di Garibaldi appare anche nella serie del 1959 per il centenario della Seconda guerra di Indipendenza; nella serie del 1960 per il centenario della Spedizione dei Mille; nel 1970 per il centenario della partecipazione di Garibaldi alla guerra Franco-Prussiana e nel 1982 è stato celebrato il centenario della morte. L'ultimo francobollo che gli è stato dedicato è stato emesso il 4 luglio 2007 per il secondo centenario della nascita. Vi è rappresentato in primo piano un ritratto di Garibaldi, sullo sfondo un'immagine della casa natale a Nizza.
Oltre all'Italia anche la Repubblica di San Marino, l'Unione Sovietica, l'Uruguay, gli Stati Uniti d'America ed il Principato di Monaco hanno dedicato delle emissioni filateliche a Giuseppe Garibaldi. La Francia, nonostante sia molto legata alla figura di Garibaldi, non gli ha mai dedicato un francobollo. Nel 2007, in occasione del Bicentenario Garibaldino, un'iniziativa popolare ha indetto una petizione online per far emanare un francobollo dedicato all' Eroe dei due Mondi.
▼ EspandiGalleria filatelica italiana
Regno d'Italia 1910 - Liberazione della Sicilia -
Regno d'Italia 1910 - Plebiscito Meridionale -
Francobollo del Regno d'Italia del 1932 Cinquantenario Garibaldino - Garibaldi con Nino Bixio -
Francobollo del Regno d'Italia del 1932 Cinquantenario Garibaldino - francobollo aeroespresso, il primo al mondo -
Francobollo del Regno d'Italia del 1932 - Cinquantenario Garibaldino -
Repubblica Italiana 1957 150º anniversario della nascita e 75º anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi
Repubblica Italiana 1959 centenario della Seconda guerra di indipendenza - Garibaldini alla battaglia di San Fermo -
Repubblica Italiana 1959 centenario della Seconda guerra di indipendenza - Vittorio Emanuele II, Garibaldini, Cavour e Mazzini -
Repubblica Italiana 1960 - Centenario della Spedizione dei Mille -
Repubblica Italiana 1970 - Centenario della partecipazione garibaldina alla guerra franco-prussiana -
Repubblica Italiana 1982 - Centenario della morte di Giuseppe Garibaldi -
Repubblica Italiana 2007 - Bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi -
▼ EspandiGalleria filatelica estera
Stati Uniti d'America 1959 - Campioni della Libertà -
Unione Sovietica 1982 - Centenario della morte di Garibaldi -
Repubblica di San Marino 2007 - Bicentenario della nascita di Garibaldi -
Principato di Monaco 2007 - Bicentenario della nascita di Garibaldi -
Uruguay
Uruguay 1882-1982
Uruguay 2007 - Bicentenario della nascita di Garibaldi -
Uruguay 2007 - Bicentenario della nascita di Garibaldi -
Marineria [modifica]
Nel tempo molte sono le imbarcazioni a lui intitolate:
Per approfondire, vedi la voce Giuseppe Garibaldi (nave).
Tra quelle civili, degna di nota è la goletta Leone di Caprera, costruita da emigrati italiani, che, nel 1880, con tre uomini di equipaggio, compì la traversata atlantica dall'Uruguay all’Italia.
Monumenti a Garibaldi [modifica]
In gran parte delle città italiane esiste almeno una statua di Garibaldi, quasi tutte queste statue hanno una caratteristica comune, in esse lo sguardo di Garibaldi è sempre rivolto verso Roma, città che non riuscì mai a conquistare. La statua presente sull'isola di Caprera invece guarda verso le bocche di Bonifacio in direzione della sua nativa Nizza.
▼ EspandiGalleria di Monumenti italiani
Bologna: via Indipendenza.
Civitavecchia (RM).
Genova: p.za De Ferrari - sullo sfondo il Teatro Carlo Felice.
Monumento equestre dedicato a Giuseppe GaribaldiLa Spezia.
Marsala
Milano: P.le Cairoli "piazza Castello".
Ravenna.
Monumento equestre dedicato a Giuseppe Garibaldi al Gianicolo, Roma.
Verbania-Intra.
Carrara.
Milano: Facciata Teatro Fossati, statua in cotto.
▼ EspandiGalleria di Monumenti esteri
Buenos Aires, Argentina: plaza Italia. Eretta nel 1904
New York - USA: Washington Square Park, Lower Manhattan.
Russia: Taganrog.
Ungheria: Budapest.
Repubblica di San Marino: il primo monumento al mondo dedicato a Garibaldi, opera di Stefano Galletti, eretta nel 1882.
Rosario (Argentina): plaza Italia, nel Parco Independencia. Monumento in marmo di Carrara. Fu realizzato dall'italiano Alessandro Biggi nel 1885.
Rosario (Argentina): la Camera dei Deputati Argentina ha dichiarato "monumento storico nazionale" la statua di Giuseppe Garibaldi in plaza Italia a Rosario.
Rosario (Argentina): cortile esterno dell’Ospedale Italiano Garibaldi. Opera dello scultore italiano Erminio Blotta.
Azenha, Porto Alegre, Brasile :Giuseppe e Anita in Piazza Garibaldi.
I figli di Garibaldi [modifica]
Garibaldi dalla prima moglie Anita Garibaldi, morta nel 1849 presso Ravenna ebbe 4 figli:
Menotti Garibaldi
Ricciotti Garibaldi
Rosa Garibaldi, detta Rosita, morta per vaiolo all'età di 2 anni a Montevideo
Teresa Garibaldi (1845-1903), detta Teresita, moglie del Generale garibaldino Stefano Canzio.
Non ebbe figli da Giuseppina Raimondi, che sposò a Fino Mornasco il 16 gennaio 1860 (11 anni dopo la morte della prima moglie Anita), salvo lasciarla poco dopo la cerimonia.
Dalla domestica Battistina Ravello, invece, Garibaldi ebbe:
Anita Garibaldi che morì a 16 anni di meningite.
Ebbe tre figli invece dalla seconda moglie Francesca Armosino:
Clelia Garibaldi
Rosita, morta piccola
Manlio Garibaldi
Genealogia di Giuseppe Garibaldi [modifica]
─>Domenico Garibaldi sposa Giulia
│
└───> Angelo Garibaldi (Val Garibaldo 1741-) sposa Isabella Puccio
│
└──> Domenico Garibaldi (1768-1844) sposa Rosa Raimondi
├──> Angelo Garibaldi
├──> Giuseppe Garibaldi (1807-1882)
│ * sposa Anita Garibaldi, (1849) presso Ravenna
│ ├──> Domenico "Menotti" Garibaldi (1840-1903)
│ │ * sposa Francesca Italia Bidischini dall'Oglio e ne ebbe sei figli
│ │ ├──>Anita Garibaldi (1875 - 1961)
│ │ │ * adottò i nipoti della sorella Rosa, figli del figlio di lei, Giulio Ravizza, che pertanto portano il cognome di Ravizza Garibaldi.
│ │ ├──>Rosita Garibaldi (1877 - 1964)
│ │ │ * sposa nel 1897 il conte Vittorio Ravizza d'Orvieto (1874 -1947)
│ │ │ ├──> Giulio Ravizza
│ │ │ │ * sposa Gabriella Barluzzi
│ │ │ │ ├──>Maria Stefania Ravizza Garibaldi
│ │ │ │ ├──>Giuseppe Filippo Ravizza Garibaldi
│ │ │ │ └──>Francesco Ravizza Garibaldi
│ │ │ └──> Odoardo Ravizza
│ │ ├──>Giuseppe "Peppinello" Garibaldi (1877 1969)
│ │ │ * sposa Gabriella Maria-Antonietta Rassauw(1887 -)
│ │ │ └──>Teresa Garibaldi(1925 2002)
│ │ │ └──>Stefano Garibaldi(1964)
│ │ │ Walter Garibaldi (1969)
│ │ ├──>Gemma Garibaldi (1878 - 1951)
│ │ ├──>Giuseppina Garibaldi (1883 - 1910)
│ │ └──>Giuseppe Garibaldi (1884 - 1886)
│ ├──> Teresa Garibaldi (1845-1903), detta Teresita,
│ │ * sposa Stefano Canzio ed ebbe 12 figli.
│ │ ├──> Mameli Canzio (1862 - [[19)
│ │ │ * sposa Clorinda Petito (1876-1959)
│ │ │ ├──>Giuseppe Canzio ( 1900 -1986)
│ │ │ │ *Caterina Tarantola
│ │ │ ├──>Rosina Canzio (1906 -1988)
│ │ │ │ sposa nel 1929 Giuseppe Lo Bianco
│ │ │ │ ├──>Carla Lo Bianco
│ │ │ │ └──>Giuseppe Lo Bianco
│ │ │ ├──>Stefania Elvira Canzio (1908 - 1990))
│ │ │ │ ├──>Clorinda Canzio
│ │ │ │ ├──>Davide Campione
│ │ │ │ └──>Rosetta Caruso
│ │ │ ├──>Pasquale Canzio (1909 - 1993)
│ │ │ │ * sposa nel 1925 Margherita Iole Gravina.
│ │ │ │ ├──>Mameli Elio Canzio
│ │ │ │ └──>Giovanni Canzio
│ │ │ └──>Stefano Canzio (1910)
│ │ │ * sposa nel 1925 Rosa Gravina
│ │ │ ├──>Clorinda Lidia Canzio (1942)
│ │ │ └──>Mameli Elio Canzio (1947)
│ │ ├──> Anzani Canzio (1864 -1926)
│ │ │ └──>Manlio Anzani Canzio (1916 -2002)
│ │ │ * sposa Rosa Elena Alvarez
│ │ │ ├──>Maria Antonieta Canzio (1945)
│ │ │ │ * sposa Zoilo Medina Bastidas(1941)
│ │ │ │ ├──>Miguel Medina Canzio (1973)
│ │ │ │ │ ├──>Francisco Miguel Medina
│ │ │ │ │ └──>Vanesa Natalia Medina
│ │ │ │ ├──>Janet Nadia Medina (1977)
│ │ │ │ ├──>Cinthya Giovanna Medina (1983)
│ │ │ │ └──>Susan Mery Medina (1985)
│ │ │ ├──>Jose Anzani Canzio (1947)
│ │ │ ├──>Carlos Alberto Canzio (1950)
│ │ │ │ * sposa Doris Bertha Ildefonso (1952)
│ │ │ │ ├──>Claudia Patricia Canzio (1972)
│ │ │ │ │ ├──>Nicole Argelis Suematzu
│ │ │ │ │ └──>Mishelle Vaness Suematzu
│ │ │ │ └──>Carlos Anzani Canzio (1978)
│ │ │ ├──>Mario José Canzio (1956)
│ │ │ │ * sposa Elena Leonor Julca Patiño(1958)
│ │ │ │ ├──>Jacqeline Angela Canzio (1988)
│ │ │ │ └──>Stefani Elena Canzio (1986)
│ │ │ └──>Luis Arturo Canzio (1958)
│ │ │ * sposa María Eugenia Murias(1962)
│ │ │ └──>Renzo Anzani Canzio(1989)
│ │ ├──> Lincoln Canzio (1865 - 1870)
│ │ ├──> Annita Canzio (1866 - 1870)
│ │ ├──> Brown Canzio (1867 - [[]])
│ │ ├──> Leo Canzio (1869 - [[]])
│ │ │ * sposa Jole Rossi
│ │ ├──> Decio Canzio (1870 - 1955)
│ │ │ * sposa Luigia Lenci
│ │ │ ├──>Stefano Canzio (1898-1976)
│ │ │ │ * sposa Paola Confalonieri
│ │ │ │ └──>Decio Canzio (1930)
│ │ │ │ * sposa Silviana Vercelli
│ │ │ │ └──>Stefano Canzio (1966)
│ │ │ ├──>Michele Canzio (1901)
│ │ │ │ * sposa Maria Canzio
│ │ │ │ ├──>Giuseppe Canzio
│ │ │ │ └──>Maria Luisa Canzio
│ │ │ └──>Giovanni Canzio (1902)
│ │ │ * sposa Pina Pastori
│ │ │ ├──>Stefania Canzio
│ │ │ └──>Luigia Canzio (1930)
│ │ ├──> Cairoli Canzio(1872)
│ │ │ * sposa Elsa Fazzari
│ │ │ ├──>Stefania Canzio (1912- 1968)
│ │ │ │ * sposa Mario Sabatini
│ │ │ │ └──>Andrea Sabatini
│ │ │ │ └──>Mario Sabatini
│ │ │ ├──>Stefano Canzio (1915 - 1991)
│ │ │ │ * sposa nel 1946 Velia Ricciotti, discendente di Nicola Ricciotti
│ │ │ │ ├──>Elsa Canzio 1946
│ │ │ │ ├──>Corrado Canzio (1948 - 2002)
│ │ │ │ │ * sposa nel 1972 Eva Kallinger
│ │ │ │ │ ├──>Stefano Canzio 1972
│ │ │ │ │ └──>Walter Canzio 1975
│ │ │ │ └──>Alessandro Canzio detto Cino 1954
│ │ │ │ * sposa Morlupo Francesca Pintus
│ │ │ │ └──>Stefano Canzio 1992
│ │ │ └──>Anna Francesca Canzio (1908 o 1918 - 1998)
│ │ │ * sposa Giacomo Chiesa
│ │ │ ├──>Luciana Chiesa ( -2002)
│ │ │ │ * sposa Lombardo
│ │ │ ├──>Marisa Chiesa
│ │ │ │ * sposa Gianni Pieragostini
│ │ │ └──>Viviana Chiesa
│ │ │ * sposa Mimmo Quagliero
│ │ ├──> Foscolo Canzio (1873 - 1906)
│ │ │ * sposa Elsa Fazzari
│ │ │ └──>Teresita Canzio (1905)
│ │ │ * sposa Eugenio Tolva
│ │ │ └──>Maria Grazia Tolva (1927-1984)
│ │ │ * sposa Oscar Guglielmelli
│ │ │ ├──>Barbara Guglielmelli (1955)
│ │ │ └──>Paolo Guglielmelli (1958)
│ │ ├──> Giuseppe Canzio(1875 - 1875)
│ │ ├──> Giuseppe Canzio(1876 - 1876)
│ │ ├──> Rosa Carlotta Canzio(1877 - )
│ │ ├──> Annita Canzio(1879 - )
│ │ │ * sposa Riccardo Camerini
│ │ ├──> Francesca Carlotta Canzio(1881 - 1961)
│ │ │ * sposa Sabato Angrisani
│ │ ├──> Giuseppe Garibaldi Canzio (1883 - 1949)
│ │ │ * sposa nel 1905 Maria Teresa Ceretti
│ │ │ ├──>Garibalda Teresita Concetta Canzio (1907)
│ │ │ ├──>Garibalda Canzio (1908 -1908)
│ │ │ └──>Stefania Canzio (1910)
│ │ └──> Garibalda Canzio (1886 -)
│ │ * sposa Riccardo Camerini
│ ├──> Rosa Garibaldi, detta Rosita, morta all'età di 2 anni a Montevideo
│ └──> Ricciotti Garibaldi (1847-1923)
│ * sposa Costance Hopcraft
│ ├──>Peppino Garibaldi
│ │ * sposa Maddalyn Nichols
│ ├──>Ricciotti Garibaldi jr (Roma 1881 - ivi, 1951)
│ ├──>Menotti Garibaldi jr (1884 - Sri Lanka 1934)
│ ├──>Sante Garibaldi (1888-1946)
│ │ * sposa Beatrice Borzatti
│ │ └──>Annita Garibaldi
│ ├──>Bruno Garibaldi (m. nellle Argonne, 1914)
│ ├──>Costante Garibaldi (Roma 1892 - Argonne 1915)
│ ├──>Ezio Garibaldi
│ │ * sposa Hope Mac Michael
│ │ └──>Anita Garibaldi (1931)
│ │ * sposa
│ │ └──>Francesco Garibaldi-Hibbert
│ │ * sposa Cristina Frigerio
│ │ └──>Jousè Lorenzo Garibaldi (2006)
│ │ * sposa Erika Knopp
│ │ ├──>Giuseppe Garibaldi (1947)
│ │ └──>Vittoria Garibaldi (1950)
│ └──>Anita Italia (m. a Roma nel 1962)
│ * sposa Giuseppina Raimondi ma la lascia poco dopo la cerimonia
│ * con domestica Battistina Ravello
│ └──>Anita Garibaldi che morì a 16 anni di meningite.
│ * sposa Francesca Armosino'
│ ├──>Clelia Garibaldi
│ ├──>Rosita, morta piccola
│ └──>'*Manlio Garibaldi
├──> Michele Garibaldi
└──> Felice Garibaldi
Il nome Garibaldi [modifica]
In Islanda ancora oggi si usa dare il nome Garibaldi come primo o secondo nome di battesimo.[citazione necessaria]
Voci correlate [modifica]
Questione romana
Repubblica Romana (1798-1799)
Repubblica Romana (Risorgimento)
Storia della Repubblica Romana
Spedizione dei Mille
I Mille
Monumento equestre dedicato a Giuseppe Garibaldi alla Spezia
Anita Garibaldi
Francesca Armosino
Trofeo Giuseppe Garibaldi
Note [modifica]
^ Conferenza svolta nella primavera del 2007 presso l'Istituto per l'Oriente di Roma.
^ Alcune sue province, come l'Egitto, s'erano di fatto già rese autonome fin dal 1805, con Mehmet Ali, mentre altre, come la Grecia, ambivano alla più totale indipendenza.
^ Non è però del tutto escluso che tale definizione potesse avere a che fare anche con gli ideali della Massoneria che, del resto, Garibaldi abbracciò più tardi con forte convinzione.
^ Leggendo qua e là, «La Settimana Enigmistica», 2007, 3924, ISSN 1125-5226
^ L'appellativo di "dittatore" è da riferirsi alla figura del dictator, una magistratura dell'antica Repubblica Romana cui erano assegnati pieni poteri per risolvere emergenze.
^ Fa riferimento a tali fatti la voce Strage di Bronte, lo scrittore e volontario garibaldino Cesare Abba, La "Storia della Sicilia" di editoriale Agorà e Bronteinsieme.it
^ Fonte: Herbert Mitgang, storico e editorialista del New York Times, al quale si deve una ricostruzione dettagliata della vicenda
^ Questo fatto venne celebrato in una ballata popolare su un ritmo di una marcia dei bersaglieri
Bibliografia [modifica]
Scritti di Garibaldi [modifica]
Memorie, pubblicate da A. Dumas; prima versione di L. E. Tettoni, Milano, 1860.
Le memorie, Nella redazione definitiva del 1872, a cura della reale commissione, Bologna-Rocca S. Casciano, 1932.
I mille, Torino, 1874.
Clelia : il governo del monaco, Roma nel secolo 19., romanzo storico-politico, Milano, 1870.
Cantoni il volontario, romanzo storico, Milano, 1909, che ha come protagonista il garibaldino forlivese Achille Cantoni, eroicamente caduto a Mentana
Elisabetta d'Ungheria: dramma storico in cinque atti, Roma, 1879.
Manlio: romanzo contemporaneo; a cura di Maria Grazia Miotto; introduzione di Graziano Gug, Napoli, 1982.
Nell’ Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi sono stati pubblicati 6 volumi a Bologna dall’editore Cappelli negli anni 1936-1937. La pubblicazione è ripresa a cura dell’ Istituto per la storia del Risorgimento italiano, che negli anni 1973-1997 ha pubblicato 10 volumi dell’ Epistolario (volumi 7-16 dell’edizione nazionale).
Scritti su Garibaldi [modifica]
C. Agrati, I Mille nella storia e nella leggenda, Milano, A. Mondadori, 1933;
Alexandre Dumas, GARIBALDI IN SUD AMERICA ,Milano, L.E. Tettoni, 1860;
Felix Mornard, Garibaldi, Parigi, Faure, 1866;
Jesse White Mario, "Vita di Giuseppe Garibaldi" , Milano, 1882;
Dennis Mack Smith, Cavour and Garibaldi, 1860. A Study in political Conflict, Cambridge;
C.U. Press, 1954 (trad. ital.: Garibaldi e Cavour nel 1860, Torino, Einaudi, 1958).
Candido, Salvatore, Giuseppe Garibaldi, corsaro Rio-grandense (1837-1838), Roma, Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, 1964
Milani Mino, Giuseppe Garibaldi: biografia critica, Milano, Mursia, 1982
Monsagrati, Giuseppe, Garibaldi Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. CII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1999, pp. 315-331
Scirocco, Alfonso, Garibaldi: battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo, Roma-Bari, Laterza, 2001
Piero Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino, Einaudi, 1962.
Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, Scritti sul 1860 nel centenario, Roma, Tip. Regionale, 1960.
Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Cesari Cesare. La campagna di Garibaldi nell'Italia Meridionale. (1860). 1928, Roma;
Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Autori Vari. Garibaldi condottiero. 1957, Roma;
Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Autori Vari. Il generale Giuseppe Garibaldi, 1982, Roma;
Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Tamborra Angelo. Garibaldi e l'Europa. 1983, Roma;
Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Mola Alessandro Aldo. Garibaldi Generale della Libertà. Atti del convegno Internazionale. 1984, Stabilimento Grafico, Gaeta;
Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Brancaccio Nicola. Garibaldi a Talamone. (1860). In: Memorie Storiche Militari. 1909. 1909, Roma, pp. 7-35;
Del Boca Lorenzo, Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento italiano, Piemme,
Del Boca Lorenzo, Maledetti Savoia, Piemme,
Oneto Gilberto, L'Iperitaliano. Eroe o cialtrone? Biografia senza censure di Giuseppe Garibaldi, Il Cerchio, Rimini 2006;
Sauro Mattarelli, Claudia Foschini, Memoria e attualità dell'epopea garibaldina, Longo, Ravenna 2002;
Alfredo Oriani, Don Giovanni Verità e altri scritti sul 1848-49, a cura di Ennio Dirani, Longo, Ravenna 1999;
Anton Giulio Barrili, Con Garibaldi alle porte di Roma, a cura di Francesco De Nicola e Vincenzo Gueglio, Gammarò Editori, 2007
Altri progetti [modifica]
Commons
Wikiquote
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Giuseppe Garibaldi
Wikiquote contiene citazioni di o su Giuseppe Garibaldi
Collegamenti esterni [modifica]
Sito ufficiale dell'Istituto Mazziniano di Genova
Sito ufficiale del Compendio Garibaldino di Caprera La sua dimora
Giuseppegaribaldi.info - Approfondimento
Sito del libro Mio Padre di Clelia Garibaldi
Sito su Garibaldi
Clelia e-book in italiano sul progetto Gutenberg
Libri vari ("Clelia" e "Lettere a Speranza von Schwartz") e-book in italiano sul progetto liberliber
Opere di Giuseppe Garibaldi: testo con concordanze e lista di frequenza
Museo nazionale della campagna garibaldina dell'Agro romano per la liberazione di Roma
Memorie garibaldine di Giuseppe Contestabile
Cavour (in piemontese Cavor) è un comune di 5.286 abitanti della provincia di Torino. La sua attrattiva fondamentale è la Rocca (462 m.s.l), singolare monadnock della pianura padana, su cui si trovano i resti delle fortificazioni distrutte dal generale francese Nicolas de Catinat nel 1690. Nel 1649 avvenne la prima infeudazione ai Benso, dai quali discenderà il celebre Conte Camillo Benso. La Rocca e la zona circostante è stata dichiarata riserva naturale speciale. Fuori dal centro abitato si trova l'Abbazia di Santa Maria (XI secolo), nella cui cripta si trova l'altare più antico del Piemonte, che probabilmente sorge nelle vicinanze di un antico tempio pagano, a prova di ciò i reperti romani ritrovati e i materiali di reimpiego di epoca romana utilizzati nella costruzione dell'abbazia. Recentemente è stato localizzato nella frazione Cursaglie il luogo dove sorgeva il centro romano di Forum Vibii Caburrum. Nel paese si trovano anche il Pilone di S.Sebastiano, utilizzato dalla Casa Editrice Einaudi per la copertina del libro sul Piemonte nella collana "Storia d'Italia-Le regioni" e due ville appartenute allo statista Giovanni Giolitti, in una delle quali morì il 17 luglio 1928. Nel cimitero comunale si trova la sua tomba.
Giuseppe Mazzini (Genova, 22 giugno 1805 – Pisa, 10 marzo 1872) è stato un patriota, politico e filosofo italiano.
Le sue idee e la sua azione politica contribuirono in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano. Le teorie mazziniane furono inoltre di grande importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per l'affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello Stato.
Indice [nascondi]
1 Vita
2 Il pensiero politico
2.1 La nuova concezione romantica della Storia
2.2 La concezione reazionaria
2.3 La concezione progressista
2.4 Dio e Popolo
2.5 Patria e Umanità
2.6 L'iniziativa italiana
3 La funzione della politica
4 La questione sociale
5 Le cospirazioni e il fallimento dei moti mazziniani
5.1 La Giovine Italia (1831)
5.2 Il fallimento del moto in Savoia (1833)
5.3 Il tentativo d'invasione della Savoia e il moto di Genova (1834)
5.3.1 La tempesta del dubbio (1836)
5.4 I fratelli Bandiera (1844)
5.5 La spedizione di Sapri (1857)
5.5.1 Il senso dell'impresa
6 Il ruolo storico di Mazzini
7 Hanno detto di lui
8 Note
9 Bibliografia
9.1 Saggi
10 Altri progetti
11 Voci correlate
12 Celebrazioni mazziniane
13 Collegamenti esterni
Vita [modifica]
Giuseppe Mazzini nacque a Genova , al numero 11 di via Lomellini (oggi sede del Museo del Risorgimento - Istituto Mazziniano di Genova), da Giacomo, medico e professore di anatomia, proveniente da Chiavari e personaggio attivo nella politica ai tempi della Repubblica Ligure ed in epoca napoleonica, e da Maria Drago, di famiglia proveniente da Albaro.
La casa natale di Giuseppe Mazzini, in via Lomellini, a Genova, oggi Museo del Risorgimento e sede dell'Istituto MazzinianoNel 1820 a soli 15 anni fu ammesso all'Università; avviato in primo tempo agli studi di medicina, passò a quelli di legge. Sei anni dopo, nel 1826, scrisse il suo primo saggio letterario, Dell'amor patrio di Dante, pubblicato poi nel 1837. Il 6 aprile del 1827 ottiene la laurea in Utroque Jure.
Nel 1827 divenne membro della carboneria, della quale divenne segretario in Valtellina.[1]
La sua attività rivoluzionaria lo costrinse a rifugiarsi a Marsiglia, dove organizzò nel 1831 un nuovo movimento politico chiamato Giovine Italia. Il motto dell'associazione era Dio e popolo (oppure Dio e il popolo) e il suo scopo era l'unione degli stati italiani in un'unica repubblica, quale sola condizione possibile per la liberazione del popolo italiano dagli invasori stranieri.
L'obiettivo repubblicano e unitario sarebbe dovuto essere raggiunto con un'insurrezione popolare. Mazzini fondò altri movimenti politici per la liberazione e l'unificazione di altri stati europei: la Giovine Germania, la Giovine Polonia e infine la Giovine Europa.
Il movimento mazziniano ebbe anche un forte ruolo di promozione dei diritti della donna, come testimonia l'opera di numerose mazziniane, tra cui Giorgina Saffi, la moglie di Aurelio Saffi, uno dei più stretti collaboratori di Mazzini.
Mazzini continuò a perseguire il suo obiettivo dall'esilio ed in mezzo alle avversità con inflessibile costanza. Tuttavia la sua importanza fu più ideologica che pratica. Dopo il fallimento dei moti del 1848, durante i quali Mazzini era stato a capo della breve esperienza della Repubblica Romana insieme ad Aurelio Saffi e Carlo Armellini, i nazionalisti italiani cominciarono a vedere nel re del Regno di Sardegna e in Camillo Benso conte di Cavour i leader del movimento di riunificazione.
Ciò volle dire separare l'unificazione dell'Italia dalla riforma sociale e politica invocata da Mazzini. Cavour fu abile nello stringere un'alleanza con la Francia e nel condurre una serie di guerre che portarono alla nascita dello stato italiano tra il 1859 e il 1861, ma la natura politica della nuova compagine statale era ben lontana dalla repubblica mazziniana.
Mazzini non accettò mai la monarchia e continuò a lottare per gli ideali repubblicani. Nel 1870 fu di nuovo arrestato e costretto all'esilio, ma egli riuscì a rientrare sotto falso nome a Pisa, dove visse nascosto fino al giorno della sua morte quando la polizia del nuovo Regno d'Italia stava nuovamente per arrestarlo.
La morte colse Giuseppe Mazzini a Pisa, nel 1872.
Il pensiero politico [modifica]
La nuova concezione romantica della Storia [modifica]
« S' identificò la storia della civiltà con la storia della religione, e si scorse una forza provvidenziale non solo nelle monarchie, ma sin nel carnefice, che non potrebbe sorgere e operare nella sua sinistra funzione se non lo suscitasse, a tutela della giustizia, Iddio: tanto è lungi dall'essere operatore e costruttore di storia l'arbitrio individuale e il raziocino logico. »
(Adolfo Omodeo, L'età del Risorgimento italiano, Napoli,1955)
Per comprendere appieno la dottrina politica di Mazzini bisogna rifarsi al pensiero religioso che ispira il periodo della Restaurazione seguito alla caduta dell'impero napoleonico.
Nasceva allora una nuova concezione della storia che smentiva quella degli illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il periodo napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi del Terrore e il sogno di libertà nella tirannide napoleonica che mirando alla realizzazione di un Europa al di sopra delle singole nazioni aveva determinato invece la ribellione dei singoli popoli proprio in nome del loro sentimento di nazionalità.
Dunque la storia non è guidata dagli uomini ma è Dio che agisce nella storia. Esiste dunque una Provvidenza divina che s'incarica di perseguire fini al di là di quelli che gli uomini ingenuamente si propongono di conseguire con la loro meschina ragione.
La concezione reazionaria [modifica]
Da questa nuova concezione romantica della storia opera della volontà divina si promanano due visioni contrapposte: una prospettiva reazionaria vede nell'intervento di Dio nella storia una sorta di avvento di un'apocalisse che metta fine alla sciagurata storia degli uomini. Napoleone è stato con le sue continue guerre l'Anticristo di questa apocalisse. Dio segnerà la fine della storia malvagia e falsamente progressiva ed allora agli uomini non rimarrà che volgersi al passato per preservare e conservare quanto di buono era stato realizzato. Si cercherà in ogni modo di cancellare tutto ciò che è accaduto dalla Rivoluzione a Napoleone restaurando il passato.
Una concezione politica-religiosa che troviamo nel pensiero di François-René de Chateaubriand che nel Génie du christianisme (Genio del Cristianesimo) attaccava le dottrine illuministiche prendendo le difese del cristianesimo e soprattutto nell'ideologia mistica teocratica di Joseph De Maistre, che arriva nell'opera Du pape (Il papa) (1819) al punto di auspicare un ritorno dell'alleanza tra il trono e l'altare riproponendo il modello delle comunità medioevali protette dalla religione tradizionale contro le insidie del liberalismo e del razionalismo.
La concezione progressista [modifica]
Un'altra prospettiva, che nasce paradossalmente dalla stessa concezione della storia guidata dalla divinità, è quella che potremo definire liberale che vede nell'azione divina una volontà diretta, nonostante tutto, al bene degli uomini escludendo che nei tempi nuovi ci sia una sorta di vendetta di Dio che voglia far espiare agli uomini la loro presunzione di creatori di storia. È questa una visione provvidenziale, dinamica della storia che troviamo in Saint Simon con la concezione di un nuovo cristianesimo per una nuova società o in Lamennais che vede nel cattolicesimo una forza rigeneratrice della vita sociale. Una concezione progressiva quindi che è presente in Italia nell'opera letteraria di Alessandro Manzoni e nel pensiero politico di Gioberti con il progetto neoguelfo e nell'ideologia mazziniana.
Dio e Popolo [modifica]
Monumento a Giuseppe Mazzini sull'Aventino a RomaIl pensiero politico mazziniano deve dunque essere collocato in questa temperie di Romanticismo politico-religioso che dominò in Europa dopo la rivoluzione del 1830 ma che era già presente nei contrasti al Congresso di Vienna tra gli ideologi che proponevano un puro e semplice ritorno al passato prerivoluzionario e i cosiddetti politici che pensavano che bisognasse operare un compromesso con l'età trascorsa.
Alcuni storici hanno fatto risalire la concezione religiosa di Mazzini all'educazione ricevuta dalla madre fervente giansenista ma in vero la visione religiosa di Mazzini non coincide con quella di nessuna religione rivelata.
Egli è convinto che sia ormai presente nella storia un nuovo ordinamento divino nel quale la lotta per raggiungere l'unità nazionale assume un significato provvidenziale. «Operare nel mondo significava per il Mazzini collaborare all'azione che Dio svolgeva, riconoscere ed accettare la missione che uomini e popoli ricevono da Dio» (da A.Omodeo, Introduzione a G.Mazzini, Scritti scelti, Mondadori, Milano 1934) . Per questo bisogna «mettere al centro della propria vita il dovere senza speranza di premio senza calcoli di utilità.»(A.Omodeo, op.cit.). Quello di Mazzini era un progetto politico ma mosso da un imperativo religioso che nessuna sconfitta, nessuna avversità avrebbe potuto indebolire. «Raggiunta questa tensione di fede , l'ordine logico e comune degli avvenimenti veniva capovolto ; la disfatta non provocava l'abbattimento, il successo degli avversari non si consolidava in ordine stabile» (A.Omodeo, op,cit,)
La storia dell'umanità dunque è una progressiva rivelazione della Provvidenza divina che di tappa in tappa si dirige verso la meta predisposta da Dio. Esaurito il compito del cristianesimo, chiusasi l'era della Rivoluzione francese ora occorreva che i popoli prendessero l'iniziativa per «procedere concordi verso la meta fissata al progresso umano» (A.Omodeo, op.cit.). Ogni singolo individuo, come la collettività, tutta devono attuare la missione che Dio ha loro affidato e che attraverso la formazione ed educazione del popolo stesso, reso consapevole della sua missione, si realizzerà attraverso due fasi: Patria e Umanità.
Patria e Umanità [modifica]
Senza una patria libera nessun popolo può realizzarsi nè compiere la missione che Dio gli ha affidato ; il secondo obiettivo sarà l'Umanità che si realizzerà nell'associazione dei liberi popoli sulla base della comune civiltà europea attraverso quello che Mazzini chiama il banchetto delle Nazioni sorelle. Un obiettivo dunque ben diverso da quella confederazione europea immaginata da Napoleone dove la Francia avrebbe esercitato il suo primato egemonico di Grande Natione. La futura unità europea non si realizzerà attraverso una gara di nazionalismi ma attraverso una nobile emulazione dei liberi popoli per costruire una nuova libertà.
L'iniziativa italiana [modifica]
In questo processo unitario europeo spetta all'Italia un'alta missione: quella di riaprire, conquistando la sua libertà, la via al processo evolutivo dell'Umanità. La redenzione nazionale italiana apparirà improvvisa come una creazione divina al di fuori di ogni inutile e inefficace metodo graduale politico diplomatico di tipo cavouriano. L'iniziativa italiana che avverrà sulla base della fraternità tra i popoli e non rivendicando alcuna egemonia, come aveva fatto la Francia, consisterà quindi nel dare l'esempio per una lotta che porterà alla sconfitta delle due colonne portanti della reazione di quella politica dell'Impero Asburgico e di quella spirituale della Chiesa cattolica.
Raggiunti gli obiettivi primari dell'unità e della Repubblica attraverso l'educazione e l'insurrezione del popolo , espressi dalla formula di pensiero e azione, l'Italia darà quindi il via a questo processo di unificazione sempre più vasta per la creazione di una terza civiltà formata dall'associazione di liberi popoli.
La funzione della politica [modifica]
Mausoleo a Giuseppe Mazzini nel cimitero monumentale di Staglieno, realizzata dall'architetto mazziniano Gaetano Vittorino Grasso (1849-1899)(Genova)La politica è scontro tra libertà e dispotismo e tra queste due forze non è possibile trovare un compromesso: si sta svolgendo una guerra di principi che non ammette transazioni; Mazzini esorta la popolazione a non accontentarsi delle riforme che erano degli accomodamenti gestiti dall'alto: non radicavano, cioè, nello spirito del tempo quella libertà e quell'uguaglianza di cui il popolo aveva bisogno.
La logica della politica è logica di democrazia e libertà, non accettabili dalle forze reazionarie; contro di esse è necessaria una brusca rottura rivoluzionaria: alla testa del popolo vi dovrà essere la classe colta (che non può più sopportare il giogo dell'oppressione) e i giovani (che non possono più accettare le anticaglie dell'antico regime). Questa rivoluzione deve portare alla Repubblica, la quale garantirà l'istruzione popolare.
La rivoluzione, che è anche pedagogico strumento di formazione di virtù personali e collettive, deve iniziare per ondate, accendendo focali di rivolta che incitino il popolo inconsapevole a prendere le armi. Una volta scoppiata la rivoluzione si dovrà costituire un potere dittatoriale che gestisca temporaneamente la fase post-rivoluzionaria. Il governo verrà restituito al popolo non appena il fine della rivoluzione verrà raggiunto.
La Giovane Italia deve educare alla gestione della cosa pubblica, ad essere buoni cittadini, non è, perciò, esclusivamente uno strumento di organizzazione rivoluzionaria. Il popolo deve avere diritti e doveri, mentre la Rivoluzione Francese si è concentrata esclusivamente sui diritti individuali: fermandosi ai diritti dell'individuo aveva dato vita ad una società egoista; l'utile per una società non va mai considerato secondo il bene di un singolo soggetto ma secondo il bene collettivo.
Mazzini non crede nell'eguaglianza predicata dal marxismo e al sogno della proprietà comune sostituisce il principio dell'associazionismo, che è comunque un superamento dell'egoismo individuale.
La questione sociale [modifica]
Mentre tutta la sinistra democratica europea si riproponeva l'obiettivo di una insurrezione popolare, Mazzini rifiuta la lotta di classe convinto com'è che per spingere il popolo alla rivoluzione basti indicargli l'obiettivo della unità, della repubblica e della democrazia. Certo Mazzini non ignorava la grave questione sociale italiana che era soprattutto questione contadina ma egli pensava che questa dovesse essere affrontata e risolta solo dopo il raggiungimento dell'unità nazionale e non attraverso lo scontro delle classi ma attraverso una loro collaborazione. La divisone sociale delle classi avrebbe comportato la divisione e la debolezza per il raggiungimento dell'obiettivo primario dell'unità e dell'indipendenza. Un programma il suo di solidarietà nazionale che in effetti gli valse consensi solo tra il ceto medio cittadino, tra gli intellettuali e gli studenti e negli artigiani.
Mazzini è avversario del marxismo [2]perché i socialisti ragionano per gli interessi di una sola classe: il proletariato; è arbitrario e impossibile pretendere l'abolizione della proprietà privata: si darebbe un colpo mortale all'economia che non premierebbe più i migliori. Per salvaguardare l'economia e allo stesso tempo per tutelare i più poveri, Mazzini punta su una forma di lavoro cooperativo: l'operaio deterrà una piccola fetta del capitale solo in questo modo si possono contenere le disuguaglianze.
Le cospirazioni e il fallimento dei moti mazziniani [modifica]
I moti mazziniani, ispirati ad un'ideologia repubblicana e antimonarchica furono considerati sovversivi e quindi perseguiti da tutte le monarchie italiane dell'epoca. Per i governi preunitari, i mazziniani altro non erano che terroristi e come tali furono sempre condannati.
La Giovine Italia (1831) [modifica]
« Trovai tutti persuasi che la Giovine Italia era pazzia; pazzia le sette, pazzie il cospirare, pazzie le rivolunzioncine fatte sino a quel giorno, senza capo ne coda »
(Massimo d'Azeglio, Degli ultimi casi di Romagna)
« Su queste classi [...] così fortemente interessate al mantenimento dell'ordine sociale le dottrine sovversive della Giovine Italia non hanno presa. Perciò ad eccezione dei giovani presso i quali l'esperienza non ha ancora modificate le dottrine assorbite nell'atmosfera eccitante della scuola, si può affermare che non esiste in Italia se non un piccolissimo numero di persone seriamente disposte a mettere in pratica i principi esaltati di una setta inasprita dalla sventura. »
(Camillo Benso conte di Cavour, A.Gacino-Canina, Economisti del Risorgimento, UTET. Torino, 1953)
Busto di Mazzini a Central Park a New YorkNel 1831 Mazzini si trovava a Marsiglia in esilio dopo l'arresto e il processo subito l'anno prima in Piemonte a causa della sua affiliazione alla Carboneria. Non potendosi provare la sua colpevolezza infatti la polizia sabauda lo costrinse a scegliere tra il confino in un paesino del Piemonte e l'esilio. Mazzini preferì affrontare l'esilio e nel febbraio del 1831 passò in Svizzera, da qui a Lione e infine a Marsiglia. Qui entrò in contatto con i gruppi di Filippo Buonarroti e col movimento sainsimoiano allora diffuso in Francia.
Con questi si avviò un'analisi del fallimento dei moti nei ducati e nelle Romagne del 1831.
Si concordò sul fatto che le sette carbonare avevano fallito innanzitutto per la contraddittorietà dei loro programmi e per l'eterogeneità delle classi che ne facevano parte. Non si era riusciti poi a mettere in atto un collegamento più ampio delle insurrezioni per le ristrettezze provinciali dei progetti politici, com'era accaduto nei moti di Torino del 1821 quand'era fallito ogni tentativo di collegamento con i fratelli lombardi. Infine bisognava desistere, come nel 1821, dal ricercare l'appoggio dei principi e, come nei moti del '30-31 l'aiuto dei francesi.
Con la fondazione della Giovane Italia nel 1831 il movimento insurrezionale andava organizzato su precisi obiettivi politici : indipendenza, unità, libertà. Occorreva poi una grande mobilitazione popolare poiché la liberazione italiana non si poteva conseguire attraverso l'azione di pochi settari ma con la partecipazione delle masse. Rinunciare infine ad ogni concorso esterno per la rivoluzione: «La Giovine Italia è decisa a giovarsi degli eventi stranieri. ma non a farne dipendere l'ora e il carattere dell'insurrezione» (da G.Mazzini, Istruzione generale per gli affiliati nella Giovine Italia in Scritti editi e inediti, II, Imola, 1907).
Gli strumenti per raggiungere questi mete erano l'educazione e l'insurrezione. Quindi bisognava che la Giovane Italia perdesse il più possibile il carattere di segretezza, conservando quanto necessario a difendersi dalle polizie, ma acquistasse quello di società di propaganda,un'«associazione tendente anzitutto a uno scopo di insurrezione, ma essenzialmente educatrice fino a quel giorno e dopo quel giorno» (G.Mazzini, op.cit.) - anche attraverso il giornale "La Giovine Italia",fondato nel 1832 - del messaggio politico della indipendenza, dell' unità e della repubblica.
Negli anni 1833 e 1834, durante il periodo dei processi in Piemonte e il fallimento della spedizione di Savoia, l'associazione scomparve per quattro anni, ricomparendo solo nel 1838 in Inghilterra. Dieci anni dopo, il 5 maggio 1848, l'associazione fu definitivamente sciolta da Mazzini che fondò, al suo posto, l' "Associazione Nazionale Italiana".
Il fallimento del moto in Savoia (1833) [modifica]
Entusiastiche adesioni al programma della Giovane Italia si ebbero soprattutto tra i giovani in Liguria, in Piemonte, in Emilia e in Toscana che si misero subito alla prova organizzando negli anni 1833-34 una serie di insurrezioni che si conclusero tutte con arresti , carcere e condanne a morte.
Nel 1833 organizza il suo primo tentativo insurrezionale che aveva come focolai rivoluzionari Chambéry, Torino, Alessandria e Genova dove contava vaste adesioni nell'ambiente militare. Ma prima ancora che l'insurrezione iniziasse la polizia sabauda a causa di una rissa avvenuta fra i soldati in Savoia, scoprì e arrestò molti dei congiurati, che furono duramente perseguiti poiché appartenenti a quell'esercito sulla cui fedeltà Carlo Alberto aveva fondato la sicurezza del suo potere.Fra i condannati figuravano i fratelli Giovanni e Jacopo Ruffini, amico personale di Mazzini e capo della Giovine Italia di Genova, l'avvocato Andrea Vochieri e l'abate torinese Vincenzo Gioberti. Tutti subirono un processo dal tribunale militare, e dodici furono condannati a morte, fra questi anche il Vochieri, mentre Jacopo Ruffini pur di non tradire si uccise in carcere mentre altri riuscirono a salvarsi con la fuga.
Il tentativo d'invasione della Savoia e il moto di Genova (1834) [modifica]
Il fallimento del primo moto non fermò Mazzini, convinto che era il momento opportuno e che il popolo lo avrebbe seguito. Si trovava a Ginevra, quando assieme ad altri italiani e alcuni polacchi, organizzava un'azione militare contro lo stato dei Savoia. A capo della rivolta aveva messo il Generale Gerolamo Ramorino, che aveva già preso parte ai moti del 1821, questa scelta però si rivelò un fallimento, perché il Ramorino si era giocato i soldi raccolti per l'insurrezione e di conseguenza rimandava continuamente la spedizione, tanto che quando il 2 febbraio 1834, si decise a passare con le sue truppe il confine con la Savoia, la polizia ormai allertata da tempo, disperse i volontari con molta facilità.
Nello stesso tempo doveva scoppiare una rivolta a Genova, sotto la guida di Giuseppe Garibaldi, che si era arruolato nella marina da guerra sarda per svolgere propaganda rivoluzionaria tra gli equipaggi. Quando giunse sul luogo dove avrebbe dovuto iniziare l'insurrezione però, non trovò nessuno, e così rimasto solo, dovette fuggire. Fece appena in tempo a salvarsi dalla condanna a morte emanata contro di lui, salendo su una nave in partenza per l'America del Sud dove continuerà a combattere per la libertà dei popoli.
Mazzini, invece, poiché aveva personalmente preso parte alla spedizione con Ramorino, fu espulso dalla Svizzera e dovette cercare rifugio in Inghilterra. Lì continuò la propria azione politica attraverso discorsi pubblici, lettere e scritti su giornali e riviste, aiutando a distanza, gli italiani, a mantenere il desiderio di unità e indipendenza. Anche se l'insuccesso dei moti fu assoluto, dopo questi eventi, la linea politica di Carlo Alberto mutò, temendo che reazioni eccessive potessero diventare pericolose per la monarchia.
La tempesta del dubbio (1836) [modifica]
Altri tentativi pure falliti si ebbero a Palermo, in Abruzzo, nella Lombardia austriaca, in Toscana. Il fallimento di tante generosi sforzi e l'altissimo prezzo di sangue pagato fecero attraversare a Mazzini quella che egli chiamò la tempesta del dubbio da cui uscì religiosamente convinto ancora una volta della validità dei propri ideali politici e morali. Dall'esilio di Londra (1837),dopo essere stato espulso dalla Svizzera, riprese quindi il suo apostolato insurrezionale.
I fratelli Bandiera (1844) [modifica]
Nobili, figli di un ammiraglio e, a loro volta, ufficiali della Marina da guerra austriaca, aderirono alle idee mazziniane e fondarono una loro società segreta, l'Esperia [3] e con essa tentarono di effettuare una sollevazione popolare nel Sud Italia.
Esecuzione dei fratelli BandieraIl 13 giugno 1844, i fratelli Emilio e Attilio Bandiera partirono da Corfù (dove avevano una base allestita con l'ausilio del barese Vito Infante) alla volta della Calabria seguiti da 17 compagni, dal brigante calabrese Giuseppe Meluso e dal corso Pietro Boccheciampe. Il 15 marzo dello stesso anno era loro giunta infatti la notizia dello scoppio di una rivolta a Cosenza che essi credevano condotta nel nome di Mazzini. In realtà non solo la ribellione non aveva alcuna motivazione patriottica ma era già stata domata dall'esercito borbonico. Il 16 giugno 1844 quando sbarcarono alla foce del fiume Neto, vicino Crotone appresero che la rivolta era già stata repressa nel sangue e al momento non era in corso alcuna ribellione all'autorità del re.
Il Boccheciampe, appresa la notizia che non c'era alcuna sommossa a cui partecipare, sparì e andò al posto di polizia di Crotone per denunciare i compagni.
I due fratelli vollero lo stesso continuare l'impresa e partirono per la Sila.
Subito iniziarono le ricerche dei rivoltosi ad opera delle guardie civiche borboniche, aiutate da comuni cittadini che credevano i mazziniani dei briganti; dopo alcuni scontri a fuoco, vennero catturati (meno il brigante Giuseppe Meluso, buon conoscitore dei luoghi, che riuscì a sfuggire alla cattura) e portati a Cosenza, dove i fratelli Bandiera con altri 7 compagni vennero fucilati nel Vallone Rovito il 25 luglio 1844.
Il re Ferdinando II ringraziò la popolazione locale per il grande attaccamento dimostrato alla Corona e la premiò concedendo medaglie d'oro e d'argento e pensioni generose.
La spedizione di Sapri (1857) [modifica]
Carlo Pisacane.Il piano originale, secondo il metodo insurrezionale mazziniano, prevedeva di accendere un focolaio di rivolta in Sicilia dove era molto diffuso il malcontento contro i Borboni, e da lì estenderla a tutto il Mezzogiorno d'Italia. Successivamente invece si pensò più opportuno partendo dal porto di Genova di sbarcare a Ponza per liberare alcuni prigionieri politici lì rinchiusi per rinforzare le file della spedizione e infine dirigersi a Sapri, che posta al confine tra Campania e Basilicata, era ritenuta un punto strategico ideale per attendere lì rinforzi e marciare su Napoli. Il 4 giugno 1857 Carlo Pisacane si riunì con gli alti capi della guerriglia per stabilire tutti i particolari dell'impresa. Un primo tentativo fallito si ebbe il 6 giugno: l'avanguardia di Rosalino Pilo perse ili carico di armi destinato all'impresa in una tempesta. Con l'intento di raccogliere armi e consensi Pisacane si recò a Napoli, travestito da prete. L'esito fu molto deludente ma Pisacane non si lasciò scoraggiare persistendo nei suoi intenti. Il 25 giugno 1857 Pisacane s'imbarcò con altri ventiquattro sovversivi, tra cui Giovanni Nicotera e Giovan Battista Falcone, sul piroscafo di linea Cagliari, della Società Rubattino, diretto a Tunisi. Pilo si occupò nuovamente del trasporto delle armi, e partì il giorno dopo su alcuni pescherecci. Ma anche questa volta Pilo fallì nel compito assegnatogli e lasciò Pisacane senza le armi e i rinforzi che gli erano necessari. Pisacane continuò senza cambiare piani, impadronitosi della nave durante la notte, con la complicità dei due macchinisti inglesi, si dovette accontentare delle poche armi che erano imbarcate sul Cagliari.
Il 26 giugno sbarcò a Ponza dove, sventolando il tricolore, riuscì agevolmente a liberare 323 detenuti, poche decine dei quali per reati politici per il resto delinquenti comuni, aggregandoli quasi tutti alla spedizione. Il 28, il Cagliari ripartì carico di detenuti comuni e delle armi sottratte al presidio borbonico. La sera i congiurati sbarcarono a Sapri, ma non trovarono ad attenderli quelle masse rivoltose che si attendevano. Anzi furono affrontati dalle falci dei contadini ai quali le autorità borboniche avevano per tempo annunziato lo sbarco di una banda di ergostolani evasi dall'isola di Ponza. Il 1° luglio, a Padula vennero circondati e 25 di loro furono massacrati dai contadini. Gli altri, per un totale di 150, vennero catturati e consegnati ai gendarmi. Pisacane, con Nicotera, Falcone e gli ultimi superstiti, riuscirono a fuggire a Sanza dove furono ancora aggrediti dalla popolazione. Perirono in 83. Pisacane e Falcone si suicidarono con le loro pistole, mentre quelli scampati all'ira popolare furono poi processati nel gennaio del 1858. Condannati a morte, furono graziati dal Re, che tramutò la pena in ergastolo. I due inglesi, per intervento del loro governo, furono dichiarati fuori causa per "infermità mentale". Nicotera [4], gravemente ferito, fu portato in catene a Salerno dove venne processato e condannato a morte. Anche per lui la pena fu tramutata in ergastolo solo per l'intervento del governo inglese che guardava con crescente preoccupazione la furia repressiva di Ferdinando II.
Il senso dell'impresa [modifica]
Pur essendo quella di Sapri un'impresa tipicamente mazziniana condotta senza speranza di premio in effetti Pisacane si era allontanato dal credo politico del Maestro per accostarsi a un socialismo libertario espresso dalla formula libertà e associazione.
Contrariamente a Mazzini che riguardo alla questione sociale proponeva una soluzione interclassista solo dopo aver risolto il problema unitario, Pisacane pensava infatti che per arrivare ad una rivoluzione patriottica unitaria e nazionale occorresse prima risolvere la questione contadina che era quella della riforma agraria. Come lasciò scritto nel suo testamento politico in appendice al Saggio sulla rivoluzione (ed. Universale Economica , Milano 1956) «profonda mia convinzione di essere la propaganda dell'idea una chimera e l'istruzione popolare un'assurdità. Le idee nascono dai fatti e non questi da quelle, ed il popolo non sarà libero perché sarà istrutto, ma sarà ben tosto istrutto quando sarà libero».
Vicino agli ideali mazziniani era Pisacane invece quando aggiungeva nello stesso scritto che quand'anche la rivolta fallisse «ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell'animo di questi cari e generosi amici... che se il nostro sacrifico non apporta alcun bene all'Italia, sarà almeno una gloria per essa aver prodotto figli che vollero immolarsi al suo avvenire.» (C.Pisacane op.cit.)
La spedizione fallita ebbe in effetti il merito di riproporre all'opinione pubblica italiana la "questione napoletana", la liberazione cioè del Mezzogiorno italiano dal malgoverno borbonico che il politico inglese William Ewart Gladstone definiva «negazione di Dio eretta a sistema di governo».
Infine il tentativo di Pisacane sembrava riproporre la possibilità di un'alternativa democratico-popolare come soluzione al problema italiano: era un segnale d'allarme che costituì per il governo di Vittorio Emanuele II uno stimolo ad affrettare i tempi dell'azione per realizzare la soluzione diplomatico militare dell'unità italiana.
Il ruolo storico di Mazzini [modifica]
«Suscitò continuamente energie, affascinò per quarant' anni ogni ondata di gioventù ...e intanto gli anziani gli sfuggivano...».
Quasi tutti i grandi personaggi del Risorgimento aderirono al mazzinianesimo ma pochi vi restarono. Il contenuto religioso profetico del pensiero del Maestro , in un certo modo rivelatore di una nuova fede, imbrigliava l'azione politica. Mazzini infatti non aveva «la duttilità e la mutevolezza necessaria per dominare e imprigionare razionalmente le forze». Per questo occorreva una capacità di compromesso politico propria dell'uomo di governo come fu Cavour.
«Il compito di Mazzini fu invece quello di creare l' "animus" » . Quando sembrava che il problema italiano non avesse via d'uscita «ecco per opera sua la gioventù italiana sacrificarsi in una suprema protesta. I sacrifici parevano sterili» ma invece risvegliavano l'opinione pubblica italiana e europea.
«La tragedia della Giovine Italia impose il problema italiano a una sempre più vasta sfera d'Italiani: che reagì sì con un programma più moderato ma infine entrò in azione...» e quegli stessi ex mazziniani che avevano rinnegato il Maestro aderendo al moderatismo riformista alla fine dovettero abbandonare ogni progetto federalista e acconsentire all'entusiasmo popolare suscitato dalle idee mazziniane di un riordinamento unitario italiano. [5]
Hanno detto di lui [modifica]
« Ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d’accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome Giuseppe Mazzini. »
(Klemens von Metternich)
« Egli solo vegliava, quando intorno tutto dormiva »
(Giuseppe Garibaldi, Londra, 1854)
« Il famoso rivoluzionario Giuseppe Mazzini, più conosciuto in Russia come patriota italiano, cospiratore e agitatore che come metafisico deista e fondatore della nuova chiesa in Italia, sì, proprio Mazzini ritenne utile e necessario nel 1871, il giorno dopo la disfatta della comune di Parigi, quando i feroci esecutori di Versailles fucilavano a migliaia i disarmati comunardi, affiancare l'anatema della chiesa cattolica e le persecuzioni poliziesche dello Stato con il suo proprio anatema sedicentemente patriottico e rivoluzionario ma nella sostanza assolutamente borghese e teologico insieme. »
(Michail Bakunin, Stato e Anarchia)
« Quando Giuseppe Mazzini nella sua solitudine, nel suo esilio si macerava nell'ideale dell'unità unita e nella disperazione di come affrontare il potere... Lui, uomo così nobile, così religioso, così idealista concepiva e disegnava e progettava gli assassini politici. »
(Bettino Craxi (intervento sulla questione palestinese alla Camera dei Deputati del 6 novembre 1985))
Note [modifica]
^ La Carboneria era un'associazione segreta nata anche dalle idee della rivoluzione francese con obiettivi politici (da cui sarebbero nati i susseguenti moti mazziniani).
^ Marx a sua volta non stimava molto l'ideologia politica di Mazzini che chiamava teopompo, l' inviato di Dio, per l'atteggiamento profetico che egli assumeva nel suo ruolo di educatore religioso e politico del popolo. Un'altro motivo di divisione ideologica si ebbe tra i due pensatori politici in occasione della valutazione della rivolta che portò alla Comune parigina del 1871. Per Marx quello della Comune era stato un tentativo di distruggere lo stato borghese realizzando la nazione dal basso, mentre Mazzini si scagliò contro la Comune vedendo in essa la fine della nazione, la minaccia di uno smembramento della Francia.
^ Nome col quale i greci indicavano l'Italia antica
^ Fu in seguito liberato da Garibaldi durante l'impresa dei Mille e divenne un importante uomo politico dell'Italia unita.
^ le citazioni sono tratte da A.Omodeo, Introduzione a Giuseppe Mazzini, Scritti scelti, Mondatori, Milano, 1934